Angelo Del Boca, una storia italiana - di Andrea Bellucci

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Con la scomparsa di Angelo Del Boca, il nostro Paese perde uno dei punti più elevati di quel connubio fra impegno civile, ricerca scientifica e capacità di divulgazione. Ci lascia un patrimonio irrinunciabile e indispensabile. Base imprescindibile per conoscere, approfondire e studiare il periodo coloniale italiano.

La specificità della brutale colonizzazione del regime fascista è stata una acquisizione fondamentale degli studi di Del Boca. L’Italia del secondo dopoguerra, per molti anni (e, purtroppo, ancora oggi, attraverso un pernicioso senso comune) ha avuto un rapporto assai ambiguo con il fascismo. La breve parentesi aperta subito dopo la Liberazione verrà prontamente richiusa e, quella che Claudio Pavone ha definito “continuità dello Stato” si è affermata nelle istituzioni, nel mantenimento di leggi, nella cappa censoria e bigotta, nelle trame golpiste e nell’ordine atlantico. Tutto sotto l’egida della “guerra fredda”.

Ma non solo. Si è diffusa per molto tempo una idea del fascismo o come “regime da operetta”, in fondo bonario rispetto ai “cattivi tedeschi” o, specularmente, quella di un regime solamente tirannico imposto solo con la forza su una nazione riluttante.

Le ricerche di Del Boca, per molti anni osteggiato e spesso anche dileggiato (non dimentichiamo che l’Italia ha vietato per anni la distribuzione di un film come “Il Leone del Deserto” - del 1981! - perché ritenuto “lesivo all’onore dell’esercito italiano”, trasmesso su Sky nel 2009 e mai sulla Rai), hanno faticosamente ma in maniera inequivocabile tolto il velo su una narrazione fasulla relativa alla condotta dell’esercito italiano durante la guerra coloniale.

Una condotta criminale, che poco ha da invidiare al modus operandi dei nazisti, ma che per decenni è scomparsa dalle narrazioni. Quasi che le violenze perpetrate contro popolazioni dalla pelle nera (ma poi varrà anche per gli slavi) non fossero considerate degne di nota. E invece quelle guerre furono condotte con un di più di violenza, caratteristica dalla politica estera del fascismo, che, se per alcuni versi si mosse nel solco di quella dello Stato liberale, come ha spesso sottolineato Enzo Collotti, ebbe le proprie specificità criminali e razziste.

Non fu, quello fascista, un colonialismo gentile e illuminato, come le “memorie” spesso artefatte di chi vi prese parte hanno raccontato. Fu casomai un colonialismo arretrato e superato, messo in atto nella fase in cui le potenze coloniali stavano cambiando l’approccio ai propri territori. Fu sicuramente una impresa fallimentare sotto il profilo economico e militare, che durò una manciata di anni, e che gettò le basi per l’abbraccio con la Germania nazista.

Ma al di là di considerazioni geopolitiche, spesso insufficienti a dare ragione di approcci così fortemente ideologizzati alla politica estera, vi furono i fatti di un comportamento criminale che produsse effetti sanguinosissimi (campi di concentramento, stragi di massa, deportazioni) su cui la nostra società e la nostra politica non ha mai riflettuto e con cui il Paese non ha mai fatto i conti. Altrimenti non ci saremmo cacciati in quell’impresa sanguinaria e folle quale fu la guerra contro Gheddafi.

Del Boca, attraverso la ricerca, seria, documentata, metodica, ha smontato questa narrazione surreale e controfattuale di una fascismo gentile e civilizzatore. Una narrazione fascista (come tante altre, ad esempio quella sulle foibe) che si è imposta come verità storica per molto tempo, e che ancora oggi non appare del tutto sgonfiata dalle ormai evidenti prove.

Degna di nota è la polemica con Indro Montanelli. Un giornalista di destra, fascista durante il ventennio e militare durante le imprese coloniali (delle quali raccontò le proprie vicissitudini con accenni di evidente nostalgia, ma anche di incapacità a capire il contesto) che non accettava l’idea che l’esercito italiano avesse usato i gas nelle imprese coloniali.

Del Boca, con acribia filologica ma anche passione civile, rintracciò i documenti con i quali Mussolini ordinava direttamente a Badoglio l’uso dei gas, pubblicati poi nel suo lavoro “I Gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d’Etiopia” (1996). Che l’uso dei gas (vietati dalle convenzioni internazionali) fosse ordinato tramite documento scritto (con ogni evidenza contro una popolazione considerata “inferiore”) dimostra anche che il razzismo era parte integrante dell’ideologia e del regime fascista. Quel razzismo che pochi anni dopo porterà alle leggi razziali e alla piena responsabilità per la condotta genocida nazista.

No, gli italiani non sono stati “brava gente”. E solo una seria analisi e presa d’atto di un passato non onorevole potrebbe permetterci di consegnarlo alla storia e agli storici. Angelo Del Boca ha dedicato la propria intera vita affinché questa consapevolezza divenisse base fondamentale della nostra conoscenza storica e della convivenza civile.

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