Il gioco d’azzardo nuoce alla salute pubblica. Servono più regole e prevenzione - di Denise Amerini

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L’emergenza coronavirus ha ulteriormente dimostrato anche la necessità di affrontare in maniera determinata il tema del gioco d’azzardo. I servizi che hanno in carico persone con disturbo da gioco d’azzardo, infatti, pur ancora in assenza di dati strutturati, riferiscono come la chiusura delle sale da gioco abbia avuto effetti positivi sulle persone, non abbia dato luogo a comportamenti compulsivi, ed abbia avuto ricadute positive anche sulla vita relazionale e affettiva. Questo conferma la necessità di procedere nella direzione di una netta riduzione dell’offerta, di una precisa regolamentazione, di misure concrete ed efficaci di prevenzione della patologia.

È necessario affrontare il tema del gioco d’azzardo lecito, e delle conseguenze che ha sulla popolazione e sulla società nel complesso, da un punto di vista generale, di salute pubblica. Per questo sosteniamo la necessità di una legge quadro nazionale, che regolamenti il gioco d’azzardo, e detti disposizioni per la prevenzione della patologia, per la cura e la tutela sanitaria, sociale ed economica dei giocatori e dei loro familiari. Una normativa che, nell’ottica della prevenzione dei rischi e della limitazione dei danni, ponga un limite agli orari di apertura delle sale, eviti la contiguità con luoghi sensibili, e vieti la pubblicità del gioco d’azzardo.

Da più parti si sostiene l’opportunità, se non la convenienza, di non intervenire con provvedimenti restrittivi sul gioco d’azzardo, visti gli introiti per lo Stato che eviterebbero il ricorso ad inasprimenti della fiscalità generale, ed anzi servirebbero a finanziare misure importanti per il contrasto alle povertà. Si evita però di dire che, per i gestori, l’incremento della tassazione ha un effetto irrisorio, se non nullo, perché compensato con una diminuzione della percentuale di vincita. E ancora di più si evita accuratamente di quantificare i costi in termini di salute, oltre che sociali, del gioco d’azzardo patologico.

Oltre a questo, si sottolinea come il gioco d’azzardo lecito sia un argine verso il gioco illecito: affermazione quantomeno risibile. La stessa Banca d’Italia ha individuato il settore dei giochi e delle scommesse tra quelli esposti a significativi rischi di riciclaggio e finanziamento della malavita organizzata. Insieme alla Direzione Investigativa Antimafia (Dia), ci dice di infiltrazioni della criminalità, di manipolazioni di partite, di come l’intera filiera dell’azzardo, compresa la gestione e il noleggio, sia permeabile ed appetibile. La relazione dice che il gioco, dopo i traffici di stupefacenti, è il settore che assicura il più elevato ritorno dell’investimento iniziale, a fronte di una minore esposizione al rischio. E lo Stato, come ebbe modo di far presente la Commissione Antimafia già nel 2016, poco sa di chi opera in suo nome nei territori, perché vige un sistema di subappalti che deresponsabilizza l’appaltatore.

Esprimiamo quindi contrarietà alle richieste di proroga che vengono avanzate dai gestori, e sostenute da molte forze politiche, quando la necessità è quella di misure concrete ed efficaci per ridurre e regolamentare l’offerta, tutelando l’occupazione, fuori dai ricatti dei gestori, che paventano pesantissime crisi occupazionali.

Ovviamente dobbiamo inserire nel ragionamento sulla tutela della salute pubblica e sulla prevenzione dei rischi legati al gioco d’azzardo il tema fondamentale del lavoro: è necessario un progetto che tuteli i lavoratori coinvolti e, fuori dalle strumentalizzazioni di gestori e concessionari, salvaguardi i livelli occupazionali, valorizzi il lavoro e le competenze dei lavoratori, in una prospettiva che pone al centro la salute pubblica, la sicurezza pubblica, e un modello di sviluppo e di società che riduca le differenze e le disuguaglianze e tuteli le fasce più deboli.

A rischio severo di patologia, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, sono oltre 1.750.000 persone. Oltre un milione sono i giocatori patologici, con un costo stimato di circa 7 miliardi l’anno. Se a questi si aggiungono i costi indotti, sia in termini sanitari, di comorbilità, che sociali, la spesa sale a 14 miliardi. Questo solo per dire della strumentalità delle argomentazioni che mirano a difendere e proteggere il settore, in quanto grande finanziatore delle casse dello Stato.

L’impoverimento generale, l’assenza di occupazione, il fabbisogno di liquidità, spingeranno ancora di più le persone, soprattutto le più fragili, verso quelle che possono sembrare soluzioni facili e immediate: è necessario l’impegno di tutti per impedire che ciò avvenga.

I rischi legati al gioco d’azzardo vanno affrontati alla radice e dal lato dell’offerta, altrimenti le risposte non potranno essere che parziali e inadeguate a rispondere ai problemi sociali, di sicurezza e di salute, che sono in continuo aumento.

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