Sahara Occidentale: il fallimento della comunità internazionale - di Luciano Ardesi

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

A quasi cinquant’anni dall’inizio della lotta per l’indipendenza (1973), il Sahara Occidentale rimane un caso emblematico della mancanza di volontà delle Nazioni Unite e dell’Unione europea di rispettare i diritti del popolo sahrawi.

Alla fine di settembre il Tribunale dell’Ue si è pronunciato nello stesso giorno con due sentenze sugli accordi commerciali e gli accordi di pesca tra l’Unione e il Marocco. Il Fronte Polisario aveva contestato l’estensione di questi accordi ai prodotti originari del Sahara Occidentale e delle sue acque. In entrambi i casi il Tribunale ha annullato la parte relativa al Sahara Occidentale di questi accordi, poiché non è stato acquisito il consenso del popolo sahrawi.

La sentenza, non inaspettata perché si fonda su precedenti del Tribunale e della Corte dell’Ue, presenta molti aspetti interessanti. In primo luogo viene smascherato il grottesco tentativo che il Consiglio europeo fece di “consultare” il popolo sahrawi, nel corso del 2017, a seguito di una precedente sentenza del dicembre 2016, convocando associazioni marocchine e tralasciando completamente il Fronte Polisario. Proprio nei confronti di quest’ultimo, il Tribunale fa un’affermazione importante: riconosce infatti che il Polisario possa citare in giudizio il Consiglio dell’Ue per difendere gli interessi del popolo sahrawi.

Il significato è chiaro: il Marocco non può sfruttare le risorse del Sahara Occidentale, e l’Unione europea non può stipulare accordi col Marocco che prevedano questa possibilità, senza l’accordo del popolo sahrawi e del suo rappresentante, il Polisario. Eppure, malgrado analoghe sentenze vadano, dal 2015 in poi, in questa direzione, l’Unione insiste. Avendo competenza esclusiva in materia di pesca e agricoltura, l’Ue è particolarmente interessata al Sahara Occidentale, le cui acque sono tra le più pescose della facciata atlantica dell’Africa. Infatti, secondo la Corte di giustizia europea, oltre il 90% del pescato che ricade negli accordi col Marocco proviene dalle acque sahrawi.

Dal 2012 il Polisario ha intrapreso la strada del ricorso alla giustizia europea per dimostrare come gli accordi col Marocco non rispettino i trattati su cui si fonda l’Unione. L’aspetto più sorprendente è che l’Ue stessa non ne prenda atto. Salvo poi, quando sono in ballo altri interessi, rivendicare la superiorità del diritto europeo. Si tratta di un’insopportabile incoerenza di cui è vittima il popolo sahrawi, che incoraggia altri paesi a partecipare alla rapina delle risorse naturali del Sahara Occidentale. L’ultimo in ordine di tempo è Israele che, dopo la ripresa delle relazioni diplomatiche con Rabat, ha recentemente stipulato un accordo per la prospezione petrolifera al largo della città sahrawi di Dakhla.

Non va meglio sul fronte delle Nazioni Unite. Dal 13 novembre dello scorso anno il Marocco ha ripreso la guerra nel Sahara Occidentale per stroncare la protesta dei civili sahrawi che contestano il controllo della frontiera con la Mauritania nella località di Guerguerat. I caschi blu della Minurso, che dal 1991 dovevano far osservare il cessate il fuoco e soprattutto organizzare il referendum di autodeterminazione, sono rimasti un’altra volta inerti. Il Polisario si è visto così nuovamente costretto alla resistenza armata.

L’ultimo rapporto del Segretario generale dell’Onu Guterres, del 1° ottobre, ricostruisce per la prima volta in forma indipendente la nuova aggressione del Marocco, ma non ne tira le conseguenze. Guterres propone al Consiglio di sicurezza di prorogare di un altro anno il mandato della Minurso che scade il 31 ottobre, e soprattutto ripropone la formula con la quale il Consiglio di sicurezza dovrebbe sostenere il processo di autodeterminazione, vale a dire la ricerca di “una soluzione politica giusta, duratura e reciprocamente accettabile che consenta l’autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale”.

Dentro questa formula si troverà ad operare il nuovo inviato speciale dell’Onu, l’italo-svedese Staffan De Mistura, nominato da Guterres a due anni e mezzo dalle dimissioni del precedente inviato. Il Polisario vi vede un insormontabile ostacolo, poiché il concetto di autodeterminazione attraverso un referendum libero e garantito da osservatori indipendenti è stato sostituito, grazie alle pressioni dentro al Consiglio di sicurezza della Francia alleata di Rabat, dalla ricerca di un “compromesso politico”, che ha consentito finora al Marocco di opporsi impunemente al referendum. In queste condizioni la guerra rischia di continuare, mentre nei territori occupati dal Marocco la repressione continuerà implacabile.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search