La controriforma della sanità della giunta lombarda - di Angelo Barbato e Vittorio Agnoletto

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Si sta concludendo il percorso avviato dalla giunta di destra della Lombardia per la revisione della legge 23/2015, che stabilisce l’organizzazione del Servizio Sanitario Regionale e che era stata provata in via transitoria per cinque anni dal governo nazionale nell’agosto 2015 e sottoposta a verifica da parte dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, organo tecnico di supporto al governo.

Questo percorso si è intrecciato col drammatico sviluppo della pandemia, che, anche per le gravi carenze del servizio sanitario regionale, ha trasformato la Lombardia in un oggetto di studio per il mondo scientifico internazionale interessato a comprendere tutto quello che non si dovrebbe fare di fronte ad un’emergenza pandemica.

In questa sede non ripetiamo le critiche che hanno portato 110mila cittadini a firmare una richiesta di commissariamento della Regione, che non è stata presa in considerazione dal ministro della Salute; presentiamo invece una breve sintesi della situazione attuale.

Le indicazioni dell’Agenas non erano certamente radicali e si limitavano ad affrontare le disfunzioni più evidenti della legge, senza metterne in discussione l’impianto complessivo.

Le raccomandazioni obbligatorie erano:

  • Istituire i Dipartimenti di Prevenzione come articolazione delle Asst;
  • Istituire i Distretti, con adeguato coinvolgimento dei Sindaci;
  • Assegnare alle Asst l’attuazione degli atti di indirizzo, di pianificazione e programmazione regionali;
  • Assegnare alla Regione, tramite un’Agenzia di controllo oppure a un’Ats unica, la vigilanza e il controllo degli erogatori privati accreditati di valenza regionale o extraregionale con cui sono in vigore accordi contrattuali.

Altre raccomandazioni suggerite, ma non obbligatorie:

  • Assegnare all’Ats unica o alla Regione la negoziazione con gli erogatori privati;
  • Assegnare alle Asst, previa valutazione del fabbisogno locale, l’incarico di stipulare gli accordi contrattuali con gli erogatori privati accreditati per le prestazioni di attività in ambito locale;
  • Valutare la possibilità di ridefinire le dimensioni delle Asst.

La giunta regionale ha chiarito che si sarebbe limitata a presentare una proposta che rispondesse solo alle indicazioni obbligatorie. Dal 31 maggio, sono state approvate le “Linee di sviluppo dell’assetto del sistema socio sanitario lombardo” e successivamente altre delibere, tra cui la “Proposta di Piano regionale di prevenzione 2021-2025” che ha dovuto tenere conto del Piano nazionale di ripresa e resilienza, predisposto dal governo, e delle indicazioni sugli standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale.

Il progetto di nuova legge sarà presentato in aula il 10 novembre, con la prospettiva di approvarlo entro un mese. I rapporti di forza tra maggioranza e opposizione in Consiglio regionale non consentono di prevedere un esito diverso.

Il progetto conferma i principi della politica sanitaria lombarda: libertà di scelta fra erogatori pubblici e privati, separazione delle funzioni di programmazione, erogazione e controllo, parità tra soggetti pubblici privati in cui questi, mantenendo la propria autonomia giuridica e amministrativa, sono parte integrante e preponderante del sistema, in concorrenza tra loro e coi servizi pubblici.

Ma c’è di più. Il progetto si spinge a mettere le basi di una privatizzazione delle cure primarie e della sanità territoriale, prevedendo la possibilità di affidare a erogatori privati anche le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità, realizzati con finanziamenti pubblici. Neanche le prudenti richieste obbligatorie dell’Agenas sono state prese interamente in considerazione, come si evidenzia dalla mancata ricomposizione in un unico ambito della prevenzione e dalla riconferma delle diverse Ats regionali.

Il “Coordinamento regionale per il Diritto alla Salute Dico 32”, che raggruppa associazioni, comitati ed esperti di sanità pubblica, in prima linea nel proporre una radicale revisione dell’organizzazione della sanità regionale, ha avanzato alla società civile e alle forze politiche e sindacali, una propria proposta di modifica della legge 23/2015.

È inutile in Consiglio regionale una battaglia di emendamenti per strappare qualche modifica marginale, è necessario mettere in atto una mobilitazione, dentro e fuori il Consiglio e coinvolgendo i Comuni, attorno ad una proposta alternativa di riassetto della sanità che costituisca una piattaforma unitaria per tutte le opposizioni nella prossima consultazione elettorale.

Riassumiamo alcune delle nostre proposte:

  • Programmazione socio-sanitaria a livello regionale e territoriale, con la definizione di obiettivi in relazione all’analisi dei bisogni di salute sulla base dei dati epidemiologici e dei determinanti sociali di salute, tradotta in un Piano Socio-Sanitario Regionale.
  • Accreditamento e autorizzazione delle strutture pubbliche e private in base ai fabbisogni di assistenza definiti dalla programmazione socio-sanitaria.
  • Abolizione delle Ats, o costituzione di una sola Ats con contrattualizzazione e controllo affidata a centralmente alla Regione o all’Ats.
  • Programmazione a livello locale attuata dalle agenzie sanitarie elaborata col parere vincolante dei comuni prevedendo forme di partecipazione dei cittadini.
  • Sospensione degli accreditamenti di nuove strutture private per un minimo di due anni, valutazione di eventuali eccezioni in relazione alle necessità della programmazione sanitaria.
  • Verifica annuale dei contratti con gli erogatori privati in relazione agli obiettivi e loro sospensione in caso di inadempienze.
  • Istituzione di un unico centralino di prenotazione per gli erogatori pubblici e accreditati con il blocco dell’intramoenia nelle strutture pubbliche che non rispettano i tempi di attesa stabiliti e con l’obbligo, per le realtà accreditate, di rispettare gli stessi tempi di attesa per gli assistiti del Ssn e per i paganti.
  • Servizi pubblici delle Asst organizzati in Distretti, Dipartimenti e Presìdi ospedalieri, con attenzione all’integrazione socio-sanitaria, in collaborazione coi Comuni. Le Case di Comunità/Case della Salute e gli Ospedali di Comunità, devono essere a gestione pubblica.
  • Medici di Medicina generale incentivati alla medicina di gruppo; presenza nelle Case di Comunità delle Unità complesse di cure primarie, a cui ricondurre le cure integrate delle patologie croniche, con abolizione di tutte le delibere regionali sulla presa in carico dei malati cronici e sull’istituzione del gestore.
  • Piano straordinario di recupero delle prestazioni bloccate dall’emergenza Covid fino al raggiungimento di tempi d’attesa previsti.
  • Nelle Rsa e nelle Residenze per Disabili, al 92% in mano a soggetti privati, devono essere rispettate le percentuali dei costi a carico del Ssn e del comune di residenza, deve essere favorita la permanenza a casa propria dell’assistito, con potenziamento dei servizi di assistenza territoriale e riduzione delle dimensioni delle Rsa.
  • Ritiro da parte della Regione della richiesta di autonomia differenziata.

(Info su: https://www.facebook.com/dico32/; https://www.medicinademocratica.org/; https://www.facebook.com/ForumDIRITTOallaSALUTE/)

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