Costruire lo sciopero generale - di Giacinto Botti e Maurizio Brotini

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La Cgil con l’ordine del giorno dell’assemblea generale, dopo un confronto positivo, difficile e articolato, ha confermato il giudizio complessivamente negativo sulla bozza di legge di bilancio, già peraltro inviata alle istituzioni europee.

Nell’odg, tra altro, si “dà mandato alla segreteria nazionale, in ogni caso, di valutare e prevedere ulteriori mobilitazioni senza escludere iniziative e forme di lotta di carattere generale”. Ciò significa che la Cgil indica la necessità e la possibilità di giungere allo sciopero generale, preferibilmente unitario, se non ci fossero risposte certe alle richieste delle piattaforme unitarie. 

La mobilitazione e la possibilità di realizzare uno sciopero nazionale, di cui c’è bisogno, passano per i luoghi di lavoro; altrimenti non c’è risposta efficace a un presidente del Consiglio e a un governo che stanno utilizzando le risorse del Pnrr in continuità con il passato.

Occorre, finalmente, realizzare in tempi brevi un vero e forte passaggio nei luoghi di lavoro, con una campagna di assemblee diffuse per ascoltare e capire cosa è avvenuto nella testa e nel cuore di chi rappresentiamo, per coinvolgere, conquistare il consenso e la partecipazione sulle nostre rivendicazioni, per informare anche sugli obiettivi raggiunti pur in questa terribile pandemia.

Senza nuovi rapporti di forza, senza scioperi articolati per categorie e territori e lo sciopero nazionale, non saremo realmente ascoltati e non strapperemo avanzamenti al governo.

Come usciremo dalla pandemia e come costruiremo il nostro futuro e quello delle nuove generazioni è tutto da conquistare. Siamo in una situazione complicata, difficile, senza sponde politiche e con rapporti di forza sfavorevoli al lavoro. Un Paese con tristi primati (evasione e elusione fiscale, morti sul lavoro, lavoro nero e schiavismo, salari da fame, precarietà di vita e di lavoro per giovani e donne, diritti negati) che sta scivolando pericolosamente verso una democrazia autoritaria e presidenziale.

Modificare l’agenda politica e imporre le nostre richieste generali e particolari è difficile, ma la lotta per il cambiamento è solo all’inizio, la strada sarà lunga e impegnativa. Dovremo tenere insieme il particolare dentro allo scontro generale, cercare di far uscire dal rischio di passività e di spinte corporative la nostra rappresentanza.

Dobbiamo recuperare consenso, fiducia e speranza verso l’azione collettiva e il sindacato. Verso la Cgil, l’organizzazione più esposta e non a caso bersaglio di un attacco eversivo e politico, per il suo ruolo e la sua rappresentatività. Sulla Cgil cade il peso maggiore per le aspettative e le speranze diffuse, non solo tra i nostri iscritti, che si fondano sulla consapevolezza che siamo sempre in campo, come abbiamo visto nella partecipata manifestazione antifascista il 16 ottobre a Roma. Occorre essere realisti, non rassegnati, consapevoli e autonomi dal governo e dalle forze politiche che lo sostengono.

Come diceva Gramsci, non c’è nulla di determinato, nulla di ineluttabile, gli attori sociali e le classi sono sempre in campo, “ogni situazione sociale è il risultato di un rapporto di forza aperto e in divenire”. Siamo sempre nello scontro tra interessi e poteri. Si compete, si lotta nel libero mercato, sottraendo potere e egemonia culturale al potere politico, economico-finanziario, a un capitalismo “onnivoro” del pianeta e delle vite, dei diritti e del lavoro delle persone. Come sempre, al lavoro e alla lotta. 

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