Una marea di lotta - di Mara D’Ercole

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Marea fucsia, marea colorata, marea compatta, marea creativa, marea di lotta: è stata chiamata in tanti modi la marea femminista e transfemminista che è tornata ad invadere Roma nel pomeriggio del 27 novembre scorso. La manifestazione è stata un vero trionfo, 100mila persone, perlopiù giovanissim*, si sono riversat* dai pullman provenienti da tutta Italia su piazza della Repubblica, senza bisogno, ci metto subito una nota polemica, di intercettarl* come misteriose onde sonore provenienti da un pianeta lontano.

Diverse azioni collettive hanno segnato lo svolgimento del corteo. Si sono fatti tintinnare in aria i mazzi di chiavi che ciascun* aveva con sé, per ricordare che la violenza troppe volte si scatena tra le mura di casa. Si è fatto silenzio, come a voler materializzare in quel silenzio le donne vittime del sistema capitalistico patriarcale, e il silenzio è stato seguito da un grande e potente urlo. Si sono accese tante candeline quante sono state le vittime di femminicidi, lesbicidi e transicidi avvenuti nel 2021 secondo i dati dell’Osservatorio nazionale di Non Una Di Meno, avviato un paio di anni fa e presentato pubblicamente in una conferenza stampa il 25 novembre.

Il corteo era aperto dallo striscione “Ci vogliamo vive” dei centri antiviolenza. Le chiamate al numero antiviolenza, il 1522, nel 2021 sono aumentate del 79% rispetto a quelle del 2019. La pandemia ha avuto effetti drammatici, e le misure del nuovo Piano triennale antiviolenza presentato dalla ministra Bonetti vengono giudicate insufficienti: le parole empowerment e resilienza rimangono parole vuote se non le si riempie con una maggiore e puntuale erogazione di fondi strutturali, mentre in queste strutture continuano a reggersi perlopiù sul lavoro delle volontarie.

I centri antiviolenza chiedono anche e con forza azioni educative concrete e non frammentarie: la violenza ha radici profonde, e le azioni educative non possono essere lasciate alla buona volontà o all’iniziativa di singol* insegnant* che chiamano, come succede in molte scuole di Roma, le volontarie dei centri a parlare nelle scuole.

Durante il corteo e negli interventi si è parlato tanto di lavoro. Si è parlato di come la pandemia abbia intensificato i carichi di lavoro riproduttivo costringendo le donne a licenziarsi, a lavorare di più e ad essere retribuite di meno, ad accettare condizioni ancor più inique di prima, di come le abbia rese anche più precarie e ricattabili. I 400 euro del reddito di libertà destinato alle donne vittime di violenza non solo paiono assolutamente insufficienti ad assicurare un percorso di autonomia, ma sono anche sottoposti ad una serie di condizionalità escludenti.

Se il gioco delle condizionalità, come nel caso del reddito di cittadinanza, si rivela razzista, le donne migranti ne sono particolarmente colpite. Non Una Di Meno chiede con forza un permesso di soggiorno europeo slegato dal lavoro e dalla famiglia, due vincoli che sono determinanti nell’obbligare le donne a subire o violenze domestiche o ricatti da parte dei padroni per il rinnovo del permesso di soggiorno. E sicuramente le condizioni anche lavorative delle persone Lgbtq+ non sono migliorate dopo l’affossamento del Ddl Zan, dopo che gli applausi in Senato hanno trasmesso una preoccupante e scomposta volontà di controllo e coercizione sui loro corpi e sulle loro vite.

Il Sistema sanitario nazionale, è stato rivendicato, non solo trascura o non riconosce malattie femminili come endometriosi, vulvodinia, neuropatia del pudendo e fibromialgia, ma proprio nemmeno prevede l’esistenza dei corpi trans. Il disegno di riorganizzazione sociale post pandemica, insomma, colpisce duramente donne e Lgbtq+.

Il corteo ha salutato e si è unito idealmente alle donne afghane, curde, palestinesi: “Ci vogliamo prendere cura di noi e di loro” - hanno detto le manifestanti - siamo un corpo collettivo unito e potente”. E intanto Non Una Di Meno si prepara già allo sciopero internazionale dell’8 marzo con nuove parole d’ordine, per essere movimento internazionale collettivo e di massa che abbia la capacità di incidere sulla situazione presente.

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