Negli ultimi mesi abbiamo assistito a molteplici attacchi del governo Meloni al diritto all’autodeterminazione delle donne e della comunità Lgbtqia+, a braccetto con i movimenti antiabortisti. E fece scalpore, solo pochi giorni dopo l’insediamento del governo, il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia, che presentò un ddl per “riconoscere la capacità giuridica del concepito” con la proposta di modificare l’articolo 1 del Codice Civile. Un ddl ancora mai discusso, che comunque avrebbe dovuto farci comprendere le intenzioni di questo governo in materia di diritti riproduttivi.
È invece recente invece la proposta di legge di iniziativa popolare promossa da Pro vita e famiglia, Ora et Labora in Difesa della Vita e un’altra decina di associazioni cattoliche (vedi https://www.uncuorechebatte.eu/2023/09/07/promotori-iniziativa/) per introdurre nell’art.14 della legge 194/78 il comma 1-bis che recita: “Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro”.
Non dimentichiamo poi che da anni, regioni come la Lombardia, il Lazio, e in tempi più recenti l’Umbria e il Piemonte, hanno proposto diverse leggi che consentono ai gruppi antiabortisti di promuovere le loro attività nei consultori. Il più eclatante è stato il caso piemontese: un milione e mezzo di euro erogati in due anni per il fondo “Vita Nascente” volto alla “promozione del valore sociale della maternità”, al “sostegno delle gestanti e/o neo mamme” e alla “tutela della vita nascente”.
Quello che è successo il 23 aprile scorso però, con l’approvazione dell’emendamento al decreto legge 19/2024, è un cambio di passo da non sottovalutare. Il decreto prevede che le Regioni possano avvalersi delle associazioni antiabortiste per operare nei consultori pubblici attraverso i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Questa decisione da una parte legittima la costellazione di associazioni antiabortiste a livello nazionale, e non più solo regionale, ad entrare prepotentemente nella sanità pubblica, e dall’altra mette a rischio il diritto alla salute di tantissime donne, persone trans e non binarie che si ritroveranno, nel momento in cui vorranno interrompere una gravidanza, a dover essere giudicate da figure non mediche all’interno degli spazi della salute pubblica.
Le conseguenze disastrose di questa scelta, in un paese in cui quasi tre milioni di persone l’anno scorso hanno deciso di non curarsi nel Ssn (https://www.iss.it/-/in-italia-3-milioni-di-anziani-rinunciano-alle-cure) le vediamo chiaramente: i consultori, che ad ora sono i primi spazi atti alla tutela e alla cura della salute delle donne, diventeranno luoghi ostili. È invece necessario garantire che le pratiche e le informazioni fornite in materia di contraccezione, gravidanza e aborto siano conformi alle leggi e agli standard medici, evitando discriminazioni e violazioni dei diritti fondamentali delle pazienti.
Diciamo questo a partire dalle pessime esperienze che la nostra piattaforma, https://obiezionerespinta.info/ ha raccolto negli anni: chi si è dovuta, suo malgrado, interfacciare con personale obiettore o antiabortista, ha subito abusi verbali, giudizio e stigma. Le ultime due testimonianze in ordine di tempo riguardano l'ospedale Santissima Trinità di Cagliari, in cui la donna durante un’ecografia pre-ivg si è sentita dire dal personale medico “c’è anche il battitino” (https://www.instagram.com/p/C6RVBQxoq9l/?img_index=1) e al Policlinico di Messina, dove la paziente è stata indirizzata da quello che lei credeva fosse uno psicologo e che invece si è rivelato un membro di un’associazione antiabortista locale (https://www.instagram.com/p/C6BatMjLJkn/).
La risposta del movimento transfemminista a questo abominevole piano di rendere i consultori degli spazi in cui l’interruzione volontaria di gravidanza diventi una colpa da espiare, non si è fatta attendere: dalle contestazioni studentesche dei giorni scorsi contro la ministra della famiglia Roccella durante gli Stati Generali della Natalità a Roma, passando per il 22 maggio, anniversario della legge 194, fino ad arrivare al 25 maggio, giornata di mobilitazione nazionale indetta da Non Una di Meno (https://nonunadimeno.wordpress.com/): ci meritiamo assistenza adeguata, gratuita e senza stigma. Ci meritiamo di poter scegliere se e quando diventare genitori. Nessun governo potrà mettere in discussione il diritto all’aborto.