Il 20 settembre scorso l’Assemblea generale della Slc Veneto ha discusso di Ia, società e lavoro, a partire dal libro di Sergio Bellucci.
Nell’agosto dello scorso anno, al congresso mondiale del sindacato Unia Philadelphia, ci sorprese il grande sostegno allo sciopero di due tipologie particolari di lavoratori: gli sceneggiatori e i doppiatori di Hollywood. Incrociavano le braccia per chiedere regole precise per proteggere i loro posti di lavoro, e la proprietà intellettuale del loro lavoro dalla concorrenza dell’Intelligenza Artificiale Generativa (Iag).
Anche nel vecchio continente e nel nostro Paese cresce la consapevolezza sulle dimensioni di quella che non è solo un’ennesima gigantesca innovazione, ma che rappresenterà un cambio di paradigma nella sfera della tecnologia, del lavoro, della società. Qualcuno la definisce un vero e proprio salto quantico.
Lo sviluppo dell’Iag e le sue conseguenze sulla società e sul lavoro sono ormai argomento di dibattito anche nella politica, nelle organizzazioni economiche e sindacali. Per la Slc Cgil del Veneto è stata un’occasione preziosa la presentazione alla Assemblea generale del libro di Sergio Bellucci “A.I. Un viaggio nel cuore della tecnologia del futuro”.
Con l’autore ne hanno discusso, oltre allo scrivente, il segretario nazionale Slc, Riccardo Saccone, e Giacomo Vendrame della segreteria Cgil Veneto. Molti gli interventi anche di dirigenti di altre categorie, dalla Fiom alla Filctem alla Fisac.
Bellucci prima di tutto è un compagno, poi è giornalista, ricercatore e scrittore. Nel tempo ha esercitato la sua curiosità, a partire da solide basi di analisi marxista, prima al settore della comunicazione, poi a quello delle tecnologie digitali ed ora all’Ia. Il pregio principale del libro è quello di essere un vero e proprio manuale che introduce agli elementi di base del funzionamento dell’Ia, per poi analizzarne l’impatto su tutti i lavori, quelli che cambierà e quelli che invece sostituirà.
Partiamo da una definizione: “L’Intelligenza artificiale è un campo interdisciplinare che si occupa di sviluppare sistemi o macchine in grado di svolgere compiti che richiedono una intelligenza umana”. Già nella definizione stessa sorge il problema: sistemi che operano “come farebbero” gli umani, non “come gli chiedono di fare” gli umani.
Bellucci, per lanciarsi nella descrizione di un futuro tanto imminente quanto incredibile, prende la rincorsa lunga dai fondamentali concetti marxiani di transizione e di sussunzione, per illustrare come questa rivoluzione si sta sviluppando. I numeri parlano chiaro: sarà una transizione velocissima e pervasiva, con una crescita impetuosa. Secondo affermate ricerche, negli Usa nei prossimi due anni l’80% dei lavoratori vedranno il 10% delle proprie mansioni cambiare per l’introduzione della Ia, mentre il 19% vedrà cambiare addirittura almeno la metà delle proprie mansioni. Solo un 1% ne resterà, per ora, immune. Ad esempio, gli effetti sui call center, settore assai caro alla Slc: le chatbot animate dall’Ia, rispetto a un operatore umano meno esperto, hanno un 14% in più di pratiche aperte e risolte all’ora. Secondo l’ineffabile banca Goldman Sachs, che di capitalismo se ne intende, il 7% dei lavoratori Usa sarà sostituito, e troverà un nuovo impiego ma peggiore.
Venendo a casa nostra, secondo uno studio di Confartigianato i posti di lavoro potenzialmente messi a rischio in Italia saranno il 36,2% nei prossimi dieci anni. Non è in discussione se avverrà questa trasformazione ma solo quando, praticamente da domani.
Altri numeri, che guardano all’altra faccia della medaglia rispetto al lavoro, sono quelli dell’enorme spinta nella produzione di ricchezza. Sappiamo bene che nella eterna lotta tra capitale e lavoro ogni crisi per qualcuno è sempre un’opportunità per qualcun altro.
Sempre secondo Goldman Sachs Resarch, gli investimenti in Ia nell’arco dei prossimi dieci anni arriveranno a coprire il 7% del Pil mondiale, mentre il Politecnico, in proiezioni nel nostro Paese, ci parla di un valore addizionale per l’economia italiana al 2030 di ben 320 miliardi di euro (il 15% del Pil).
Di fronte ad un’innovazione potenzialmente in grado di sostituire quasi completamente ogni lavoro umano, scattano reazioni tardo luddiste che ci porterebbero poco lontano, come pure gli strumenti democratici sul piano legislativo rischiano di essere ininfluenti in uno scenario in cui i pochi detentori del Sacro Graal dell’Intelligenza artificiale travalicano e travolgono le dimensioni dello Stato nazione, le loro economie e i rispettivi welfare nazionali.
Nostro compito, quindi, è quello di comprendere, studiare e monitorare, mettere il naso, per quanto possibile, nella “blackbox” che è il cuore del funzionamento della Ia, approfondire quali saranno i primi lavori a implementare questa tecnologia e gli ultimi, quali opportunità si apriranno e quali rischi sorgeranno in tutti i settori.
Poi, ovviamente, rimane un quesito di fondo, ben sintetizzato nella domanda che un nostro delegato di una importante cartiera ha posto all’autore: “Se le macchine faranno tutto il mio lavoro che fine fa il mio salario?”.
Un vecchio slogan di Potere Operaio, nella preistoria del ’77, rispondeva preveggente: “Lavoro zero, salario intero: tutta la produzione all’automazione”, ma, nell’attuale condizione dei rapporti di forza tra le classi, non ci sembra di poter garantire questa soluzione.
Tecnologicamente siamo effettivamente entrati in una nuova era, in grado di sostituire progressivamente quasi tutto il lavoro umano affidandolo alle macchine. Ma per il salario con il quale comprare le merci che le macchine produrranno, come siamo messi? Sam Altman, fondatore di Open AI, ci rassicura già oggi che pagherà lui il reddito universale a tutti, tale sarà la produzione di ricchezza che sarà in grado di generare. Ci permettiamo di dubitare.
Certo, Marx ci prometteva la fine del lavoro salariato e alienato, ma lo pensava in un mondo nuovo, un pochino diverso da quella distopico dei guru dell’IA. Probabilmente stiamo già vivendo quella fase iniziale di transizione dove ci sarà parecchio orario di lavoro da ridurre e altrettanto plusvalore da intercettare e redistribuire, ci sarà fatica da ridurre e nuovi potenti strumenti artificiali da maneggiare ancora con umana intelligenza.
Poi però è chiaro che la sfera sul piano inclinato prenderà velocità, e i robot e le macchine renderanno via via superfluo il lavoro umano, trasformando le persone e le società in modo irrimediabile. Nulla sarà come prima: sarà una rivoluzione che, come è noto, non è mai un pranzo di gala.