Il piano Trump: una grande truffa e una tragedia per i palestinesi - di Luisa Morgantini

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“Una visione di pace e di prosperità” è scritto anche sulla cartina all’interno del piano Trump, 181 pagine, molte di queste scritte interamente da esperti israeliani, soprattutto nelle parti riguardanti gli insediamenti o le strade, le “bypass road”. Sulla cartina non c’è nemmeno scritto il nome Palestina o territori occupati, compare per due volte solo Israele, e poi a bei colori si vedono i territori palestinesi che dovrebbero essere lo Stato di Palestina tagliati a pezzetti, enclave o bantustan per ricordare il Sud Africa dell’apartheid.

Una grande truffa e una tragedia per i palestinesi, ma non è una sorpresa. Trump - a partire dal trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme, la chiusura degli uffici dell’Olp negli Stati Uniti, la guerra economica e politica contro l’Unrwa, organizzazione Onu per i rifugiati palestinesi, il ritiro degli aiuti di UsAid (che ha lasciato sul lastrico migliaia di palestinesi compresi molti imprenditori), la conferenza nel Bahrein - aveva dimostrato che lui è il più grande amico di Israele e, a dispetto di tutte le risoluzioni Onu e la posizione degli Stati, lui, il novello imperatore, si arroga il diritto di mettere sotto i piedi ogni legalità internazionale.

Il piano non fa che legittimare tutte le violazioni compiute da Israele in più di cinquant’anni di occupazione militare e di colonizzazione dei territori palestinesi. Assume le richieste della destra nazionalista, messianica e non, con alla testa i ministri Lieberman e Bennet, di trasferire palestinesi di cittadinanza israeliana del Triangolo, nella Bassa Galilea (più di dieci villaggi con 260mila persone), nello Stato palestinese per lo Stato etnico ebraico.

Lo pseudo Stato della Palestina non avrebbe naturalmente sovranità né dello spazio aereo, né delle falde acquifere; i confini della Cisgiordania con la Giordania sarebbero di Israele con l’annessione della Valle del Giordano, i palestinesi che volessero uscire dalla Palestina dovrebbero sottostare come oggi al controllo israeliano.

Le colonie piccole e grandi, più di 150 con 600mila coloni, annesse ad Israele, ed insieme a queste le terre coltivabili poste al di là del Muro (la corte dell’Aja lo aveva ritenuto illegale e da smantellare perché non costruito sulla linea verde del ‘67); Gerusalemme capitale unica e indivisibile per Israele, e i palestinesi avranno come loro capitale Abu Dis, che con grande magnanimità il piano dice possa essere chiamata al Quds; le fazioni palestinesi devono deporre le armi, Hamas sciolto, i prigionieri che hanno commesso azioni militari restino in carcere, gli altri liberati a scaglioni, molti dovrebbero accettare l’esilio, l’autorità palestinese dovrà sospendere i sussidi erogati alle loro famiglie; la questione dei profughi cancellata, nessun ritorno se non a piccole dosi in quello che sarebbe lo Stato di Palestina.

Che tutto ciò venisse rifiutato dai palestinesi era del tutto ovvio, ed è quello che Netanyahu vuole, per ripetere la propaganda che i palestinesi dicono sempre no e perdono tutte le opportunità.

Mahmoud Abbas ha chiesto l’aiuto della Lega Araba, che al solito a parole conferma il sostegno e ripropone il piano arabo del 2002. Ma gli arabi sono divisi, l’Arabia Saudita, come già fece con Balfour nel 1917 quando abbandonò la Palestina per avere un regno, ha dato il consenso a Trump. Abbas chiederà al Consiglio di Sicurezza, all’Onu e all’Unione europea di respingere il piano, ma gli Stati uniti hanno già detto che la sessione del consiglio di sicurezza deve essere segreta, l’Unione europea ha ribadito stancamente che la legalità internazionale va rispettata.

I movimenti della società civile favorevoli all’autodeterminazione dei palestinesi sono deboli. In Israele ci sono state manifestazioni con il resto di quella che era la sinistra, per dire no all’apartheid del piano Trump. In Palestina ogni giorno ci sono manifestazioni, ma non si può chiedere troppo ai palestinesi, in questi anni sono stati massacrati e umiliati, le loro manifestazioni non violente represse, i militanti messi in carcere.

Forse la leadership palestinese, pur mantenendo il rifiuto totale del piano Trump, dovrebbe osare una proposta: lo Stato palestinese sui territori del ‘67, Gerusalemme capitale condivisa, le colonie restano in Palestina e i coloni diventano cittadini palestinesi con parità di diritti. I coloni e Israele non accetteranno mai, ma i palestinesi mostrerebbero che non si sentono il popolo eletto e che la terra è per tutti quelli che la abitano.

Anche noi dovremmo mobilitarci, perché questo gettare sotto i piedi il diritto internazionale non riguarda solo i palestinesi ma anche il nostro futuro.

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