Ccnl Istruzione e Ricerca 2019-21: verso una possibile e auspicabile conclusione - di Raffaele Miglietta

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Resta il problema della cronica mancanza di finanziamenti e del ritardo nei rinnovi contrattuali.

Con il recente invio dell’integrazione dell’Atto di indirizzo all’Aran da parte del ministero della Pubblica amministrazione, si pongono le condizioni per chiudere finalmente il Ccnl 2019-21 del comparto Istruzione e Ricerca che riguarda scuola, università, ricerca e Afam.

Come noto, dopo l’accordo politico del 10 novembre 2022 tra il ministro dell’Istruzione e del merito Valditara e le organizzazioni sindacali, è stato sottoscritto un primo accordo contrattuale che ha consentito di distribuire ai lavoratori del settore a dicembre 2022 il grosso delle risorse disponibili per gli incrementi retributivi (circa 100 euro medi mensili lordi per il personale della scuola), e tutti gli arretrati.

Con il nuovo Atto di indirizzo, in applicazione sempre dell’accordo politico del novembre scorso, ora si mettono a disposizione della trattativa contrattuale ulteriori (poche) risorse per il settore scuola, che ammontano a 100 milioni di euro una tantum (circa 60 euro lordi cadauno per il 2022) e 260 milioni di euro per incrementare stabilmente la componente fissa della retribuzione del personale della scuola (altri 15 euro medi mensili lordi).

Questi ultimi però non sono soldi “freschi”, ma si tratta di finanziamenti già disposti in legge di bilancio dal precedente governo, destinati al salario accessorio e che ora invece, con l’accordo politico sopra citato, vengono reindirizzati alla componente fissa della retribuzione del personale. Di fatto il governo in carica non stanzia alcuna risorsa aggiuntiva se non i 100 milioni che, tra l’altro, sono una tantum.

Il nuovo Atto di indirizzo, inoltre, dispone che alcune materie fino ad oggi gestite unilateralmente dall’amministrazione tramite decretazione siano finalmente rimesse alla contrattazione collettiva. Si tratta in particolare dei criteri di riparto delle risorse destinate al personale docente che garantisce la continuità didattica, che presta servizio in zone caratterizzate da disagio sociale o nelle scuole situate nelle piccole isole. Questo risultato è frutto dell’impegno del sindacato, che si è speso senza tregua perché venissero ricondotte alla regolazione contrattuale tutte le materie riguardanti la retribuzione e il rapporto di lavoro.

Col prosieguo della trattativa, occorrerà completare non solo la parte economica ma anche regolare i principali aspetti normativi relativi alle condizioni di lavoro del personale, su cui c’è molta aspettativa: dalla revisione dei profili professionali Ata alla formazione del personale, al lavoro a distanza, al riconoscimento dei diritti del personale precario, ecc.

Insomma con l’integrazione dell’Atto di indirizzo ci potrebbero essere le condizioni per chiudere finalmente una trattativa che si trascina da fin troppo tempo. La disponibilità di risorse aggiuntive come sopra indicato consente di superare la fatidica soglia delle “tre cifre” medie mensili di aumento, una cifra comunque ben distante dal colmare il differenziale rispetto alle retribuzioni dei docenti degli altri paesi europei, e anche rispetto alla media delle retribuzioni degli altri settori pubblici.

A ciò si aggiunge il fatto che gli aumenti riguardano un triennio contrattuale abbondantemente scaduto, per cui si sta ancora discutendo del Ccnl 2019-21 mentre è già in corso il nuovo triennio 2022-24. La conseguenza è che a fronte di nuove insorgenze, come quelle ad esempio legate al forte innalzamento dell’inflazione, non si è in condizione di rispondere, anche perché il governo non ha stanziato praticamente nulla in legge di bilancio per il nuovo triennio contrattuale (a parte l’indennità di vacanza contrattuale).

Allora si pongono due esigenze: la prima è quella di rivedere le disposizioni che regolano i rinnovi contrattuali nei settori pubblici, al fine di assicurare il rispetto rigoroso delle tempistiche; la seconda è quella di prevedere meccanismi certi del recupero salariale tra un rinnovo contrattuale e l’altro, specie a fronte di periodi come l’attuale dove è forte la spinta inflazionistica (e superando l’Ipca depurato della dinamica dei prezzi dei beni energetici quale indice di misurazione dell’inflazione).

 

La Cgil, nel documento conclusivo dell’ultimo congresso, ha affermato il suo massimo impegno per il rinnovo dei contratti nazionali da tempo scaduti e per il finanziamento a partire dalla prossima legge di bilancio (ultima utile per il periodo 2022-24) dei contratti pubblici, per garantire un effettivo recupero del potere di acquisto delle retribuzioni, restituendo alla contrattazione l’autorità salariale. Ora occorre dare seguito agli impegni assunti.

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