Campari Novi Ligure, red passion operaia - di Frida Nacinovich

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Un orgoglio italiano dal lontano 1860, quando Gaspare Campari acquistò a Novara il Caffè dell’Amicizia. Un piccolo bar dove nascerà e si perfezionerà la ricetta del Bitter Campari, diventato nel tempo uno dei liquori più famosi del pianeta. Tutti prima o poi lo abbiamo bevuto, sia nella sua ricetta originale, essenziale anche per fare cocktail, oppure nella iconica, piccola bottiglietta del Campari Soda, che con ghiaccio e limone è uno dei più classici aperitivi da assaporare prima di cena.

Oggi il gruppo Campari conta 18 stabilimenti nel mondo di cui quattro in Italia, è il sesto negli spiriti di marca, e possiede brand sia analcolici che alcolici, da Crodino ad Aperol, da Cinzano a Cynar, e ancora l’amaro Averna, la birra Dreher, il whisky Glen Grant. Uno degli stabilimenti italiani, forse il più importante, è a Novi Ligure, un sito produttivo moderno e ancora in espansione.

Fresca di elezione nella rappresentanza sindacale unitaria per la Flai Cgil, Angela Petrillo ha una ‘red passion’ operaia che traspare in ogni sua parola: “Sono stata votata anche dagli uomini, che sono testoni - ricorda scherzando - non ho nemmeno trent’anni, venivo da una storia sindacale piccola piccola. Adesso poterci mettere la faccia in questa fabbrica mi riempie di orgoglio. Essere in prima linea è una grande responsabilità, ma anche un importante attestato di fiducia”. Donna e giovane, in questi anni non è così facile essere elette. “Sono sempre stata vicina alla Cgil, mi portavano agli scioperi quando avevo solo dieci anni. I primi lavori sono stati da interinale, stagionale, ho fatto molte esperienze ma mancava la sufficiente continuità per un impegno sindacale a trecentosessanta gradi. Poi, tre anni fa, sono arrivata in Campari e mi sono subito iscritta”.

Le chiediamo di raccontare la vita in Campari. “Lavoriamo cinque giorni su sette, divisi per turni. Io sono un’etichettatrice, applichiamo l’abbigliaggio caricando una macchina. Ad essere sincera un lavoro ripetitivo più che faticoso”. I dipendenti dello stabilimento di strada del Turchino, nella zona industriale di Novi, sono 193, ma Campari ha deciso di raddoppiare: il complesso industriale si amplierà significativamente, portando l’attuale superficie di 41mila metri quadrati a quasi 80mila metri, di fatto consolidandosi come primo insediamento d’Europa del gruppo, viste le tre linee di imbottigliamento.

Petrillo è arrivata in Campari tramite un’agenzia di collocamento: “In una realtà in espansione è più facile essere confermati - spiega - c’è bisogno di nuovo personale. Però troppo spesso si fa ricorso a lavoratori interinali, bravissimi, esperti, eppure quasi mai confermati. È una battaglia continua quella per farli rimanere in Campari. Ne so qualcosa perché anche io ho passato intere stagioni da precaria, da atipica. Da delegata il primo caso che mi sono trovata ad affrontare è stata la richiesta di una giovane mamma, che avrebbe bisogno del part time per prendersi cura del proprio bambino. Attendiamo ancora risposte, sono fiduciosa. Ma quante sono le donne costrette a lasciare il lavoro perché non sono in grado di gestire le complicate incombenze familiari?”. Tempi di vita e tempi di lavoro, due dimensioni della giornata non certo facili da conciliare.

Sono molte le mansioni all’interno dello stabilimento Campari: c’è chi lavora in ufficio, si occupa di pianificazione, poi c’è il reparto spedizioni, gli addetti all’incarto, il monoblocchista, chi mette le etichette. Dalle erbe alle cantine, fino al prodotto imbottigliato e spedito. “La nostra è un’azienda in controtendenza, perché nessuno investe più nell’alessandrino”, sottolinea Petrillo. Ma Campari non conosce crisi, nel periodo della pandemia non poteva certo mancare, anche se reclusi in casa, una bottiglia per gli aperitivi. Risultato: fatturati sistematicamente stellari, inglobando i brand più famosi. “Ora in fabbrica c’è il cartello lavori in corso, perché non c’entriamo più - osserva Perillo - sono arrivati nuovi colleghi, il più piccolo ha 18 anni. Che bello, per una volta, sentirsi dare della ‘vecchia’. Certo però, quando di fronte a una busta paga ti chiedono ‘come si legge’, ti rendi conto che sono digiuni, che c’è tanto lavoro da fare. Fin quando ci sono gli ‘storici’ tutto si affronta, ma in prospettiva bisogna continuare a far sottoscrivere tessere ed essere sempre più informati su diritti e tutele da far rispettare”.

Angela Petrillo non ha alcuna intenzione di tirare i remi in barca, anzi. “Se non ci avessero riconosciuto i livelli contrattuali se ne sarebbero viste delle belle. Perché i diritti devono essere rispettati, il lavoro deve essere considerato per quello che vale”. E allora alla salute, con un Campari Soda o con uno Spritz, a base di Aperol o di Cynar. E se poi uno è astemio, può stappare un Crodino.

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