25 Aprile e Primo Maggio: giornate di lotta per la Pace, la libertà, i diritti e il lavoro! - di Giacinto Botti

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Il 25 aprile e il Primo Maggio sono date storicamente legate da un filo rosso che intreccia valori, diritti sociali e civili, ideali di eguaglianza, di democrazia, di solidarietà, di libertà e di giustizia. Sono giornate di lotta e di speranza, essenza e parte costitutiva del cammino compiuto dal movimento antifascista e operaio, nazionale e internazionale.

“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Con queste parole il comandante Sandro Pertini, il 25 aprile 1945, proclamava lo sciopero generale a Milano, città medaglia d’oro della Resistenza.

Quest’anno la manifestazione milanese per il 78°anniversario della Liberazione ha visto un’imponente mobilitazione di donne e uomini, militanti antifascisti di diverse generazioni che si riconoscono e si sostengono, difensori della memoria, di un popolo che si riconosce nei valori della Costituzione, a partire dal ripudio della guerra che non restaura mai diritti e democrazia, ma ridefinisce solo i poteri. Una piazza che vuole la Pace, contro l’aumento delle spese militari e il taglio di quelle sociali e contro l’invio di armi in Ucraina, una scelta folle che alimenta lo scontro tra imperi e il massacro di un intero popolo.

Il 25 Aprile va ricordato, difeso e onorato ogni giorno, in un paese che non ha mai fatto i conti con il ventennio fascista e i suoi orrori. La Costituzione antifascista è memoria storica, conquistata con la lotta partigiana e la liberazione dal nazifascismo. Non va permesso a nessuno, (post)fascisti, revisionisti e ministri vari, di cancellare o disconoscere la lotta e il sacrificio di tante e tanti per conquistare la democrazia e la libertà, equiparando il nazifascismo al comunismo. Fra chi ha lottato ed è morto per affermare quei valori, e chi ha scelto di immolarsi in nome della dittatura fascista. Non esiste alcun nesso tra la lotta partigiana e la guerra in Ucraina.

Il linguaggio, le parole fanno cultura, creano coscienza, costruiscono, sedimentano e affermano un’egemonia di pensiero e di proposta. In questi anni si è cercato, con l’ideologia della non ideologia e dell’omologazione, di far perdere senso e identità alle differenze storiche tra destra e sinistra: la storia e la tavola dei valori sono state sconvolte.

Il Primo Maggio è la giornata internazionale del lavoro: del riscatto, della denuncia e della lotta. Il suo significato è scritto nella storia e nelle lotte del movimento operaio. Vietata dal regime fascista, la festa fu ripristinata con l’avvento della Repubblica grazie alla lotta di Liberazione e agli scioperi del ‘43, pagati con la deportazione e la morte di migliaia di lavoratori nei campi di concentramento.

Attuale nei suoi simboli e nel valore solidale, questa giornata di lotta cade oggi in una situazione difficile per il mondo del lavoro e per il paese, e rimane occasione di manifestare in tante piazze per affermare il diritto al lavoro e a un salario dignitoso, alla salute, all’istruzione, alla prevenzione contro infortuni e morti sul lavoro, in difesa dell’ambiente e del futuro della terra. Per ricordare il ruolo del mondo del lavoro nella conquista della democrazia, della giustizia, dei diritti sociali, civili e politici.

La Costituzione non è un orpello ma parte viva del nostro presente. L’antifascismo non è stato solo lotta armata ma lotta politica, sociale e ideale di emancipazione, di trasformazione per costruire un paese democratico, libero e diverso, più eguale è più giusto.

Quest’anno il 25 Aprile e il Primo Maggio hanno assunto particolare significato per il fatto che, per la prima volta dopo la Liberazione, l’Italia ha un governo di estrema destra, lobbista e classista sul piano sociale ed economico, liberista nei confronti del mondo del lavoro e la parte più debole della società, oscurantista verso i diritti delle donne, delle persone Lgbtq+, indifferente e repressivo verso le nuove generazioni, disumano verso gli immigrati, nazionalista, bellicista, guerrafondaio e sottomesso agli Usa e alla Nato. Un governo che – in questo in continuità con i precedenti - aumenta precarietà e diseguaglianze, e vuole manomettere l’impianto istituzionale e l’unità del paese con l’autonomia differenziata e il presidenzialismo: una avventura reazionaria.

Un governo che esercita la “dittatura parlamentare”, e che meriterebbe subito quello sciopero generale che oggi siamo impegnati a costruire con la mobilitazione unitaria di Cgil Cisl Uil, la convocazione di assemblee di informazione e di ascolto nei luoghi di lavoro, le tre manifestazioni interregionali del 6, 13 e 20 maggio. Lo sciopero generale è l’obiettivo della Cgil.

La Costituzione è fondata sul diritto al lavoro e non sul capitale, attende ancora di essere applicata, attuata nei suoi principi fondamentali, a partire dal lavoro, valore fondante della Repubblica e diritto universale per ogni donna e ogni uomo. Quel lavoro che la politica ha ignorato e al quale occorre restituire dignità, contro la precarietà e la disoccupazione che, impoverendo ampi settori di popolo, sottraggono la prospettiva di una vita dignitosa alle nuove generazioni.

Il domani si costruisce oggi. Occorre guardare oltre i propri confini e avere un’idea generale e ideale di futuro. Occorre riprendere una battaglia ideale e culturale e riaffermare il valore del conflitto e dello sciopero come strumenti della democrazia e leva del cambiamento.

Per vincere la sfida bisogna spostare i rapporti di forza tra capitale e lavoro, tra sfruttati e sfruttatori, tra ricchi e poveri. Dovremo accompagnare la mobilitazione sociale con una lotta culturale fondata sui valori, per riconquistare quell’egemonia culturale gramsciana che permette di conquistare coscienze, consenso e partecipazione militante. Serve radicalità della proposta, capacità di andare alla radice del problema dentro uno scontro generale di non breve durata sul piano nazionale, europeo e internazionale.

Dalla crisi strutturale di sistema si esce da destra o da sinistra. La sfida è enorme e c’è sempre più bisogno di una Cgil unità e plurale, ancorata alle sue radici e a quella visione e a quell’interesse generale che vive nel nostro quadrato rosso.

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