Lavoro ancor più mortale con la catena degli appalti - di Riccardo Chiari

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Nei primi tre mesi del 2023 sono già arrivate all’Inail 196 denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale, con un incremento del 3,7% rispetto allo stesso periodo del 2022. “Un andamento che va contrastato con ogni mezzo”, ha detto il presidente dell’istituto Franco Bettoni, perché sempre i dati dell'Inail raccontano che nel 2022 ci sono stati 1.090 morti sul lavoro, tre in media al giorno, e sono stati registrati 1.911 infortuni sul lavoro ogni 24 ore. In totale 697.773, in aumento del 25,7% rispetto al 2021 e del 25,9% rispetto al 2020. “Cifre che vanno probabilmente raddoppiate – annota lucidamente il manifesto - perché in molti casi gli infortuni non sono denunciati”.

Anche nella Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, istituita dall’Organizzazione mondiale del lavoro e fissata ogni 28 aprile, la strage non si è fermata. E non si fermerà, perché il governo Meloni, dopo aver annunciato che la sicurezza deve essere una priorità, sta andando nella direzione opposta.

Lo prova la controriforma del Codice degli appalti, con la liberalizzazione e la reintroduzione dei subappalti a cascata. Un provvedimento che, fra le tante, porta ad una ulteriore frammentazione e precarizzazione del lavoro. Avviando un circuito ancor più patologico, visto che i dati Inail dicono che la maggior parte degli incidenti avviene nelle imprese molto piccole e nella catena degli appalti. Con i (pochi) controlli che al massimo arrivano alle aziende che hanno vinto gli appalti, mai nei subappalti.

Insomma la cosiddetta riforma, spacciata dal governo come una semplificazione del settore, in realtà elimina norme che garantivano l'applicazione del contratto nazionale, la congruità tra il costo dell'appalto e il costo del lavoro, le clausole sociali. Quindi la salute e la sicurezza di chi ogni giorno va al lavoro, sapendo però che non è scontato, soprattutto nei settori più a rischio come l'edilizia, di poter tornare a casa la sera.

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