Grecia: si conferma la destra di Nuova Democrazia - di Franco Ferrari

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Ora Mitsotakis punta a nuove elezioni, con premio di maggioranza, per garantirsi la maggioranza assoluta.

Gli elettori greci saranno nuovamente chiamati ad eleggere il loro Parlamento alla fine di giugno, mentre nel frattempo gli affari correnti saranno gestiti da un governo tecnico. La Costituzione prevede che, dopo le elezioni dello scorso 21 maggio, la Presidente della Repubblica convocasse nell’ordine i leader dei primi tre partiti, ognuno dei quali disponeva di tre giorni di tempo per formare un governo.

Solo Kyriakos Mitsotakis, primo ministro uscente alla testa del partito conservatore Nuova Democrazia, avrebbe potuto tentare di formare una coalizione coinvolgendo un altro piccolo partito della destra radicale ultranazionalista che è riuscito ad entrare in Parlamento ma, come ampiamente previsto, vi ha immediatamente rinunciato, ponendosi l’obbiettivo di formare un governo monocolore. Nella prossima votazione rientrerà in vigore una legge elettorale che prevede un cospicuo premio di maggioranza.

Con il 40,8% ottenuto il 21 maggio e con venti punti di vantaggio sul secondo partito Syriza-Ps (Coalizione della Sinistra Radicale-Alleanza Progressista), oltre che il sostegno dei grandi mezzi d’informazione controllati dai principali oligarchi del paese, ha tutte le condizioni per raggiungere questo risultato. Non escludendo la possibilità di superare la soglia dei 180 deputati su 300, utili anche per poter modificare la stessa Carta costituzionale.

La destra ha vantato una certa ripresa economica di cui ha goduto la Grecia negli ultimi anni, benché questa sia andata a favore solo di una parte della popolazione. Inoltre, anche se il debito pubblico resta molto alto, le stesse autorità politiche e monetarie europee lo hanno dichiarato gestibile. L’allentamento delle redini sulla gestione economica del paese è sempre relativo, ma certamente si guarda con favore ad un governo pienamente allineato con il paradigma liberista.

La destra di Mitsotakis, che ha inglobato al suo interno esponenti di settori esplicitamente neo-fascisti, ha fornito nei quattro anni passati evidenti prove di tentazioni autoritarie, che potrebbero essere ancora accentuate da un ulteriore rafforzamento elettorale.

L’allarme per questo pericolo sarà sicuramente al centro della campagna elettorale di Syriza-Ps che ha subìto una dura e inaspettata sconfitta elettorale, perdendo un terzo dei voti del 2019 e fermandosi al 20,1%. Dati i tempi ristretti che separano dal voto non ci sarà modo di affrontare una esaustiva analisi delle ragioni della sconfitta. La leadership di Tsipras non viene messa in discussione, e il partito cerca di dare un’immagine di unità e solidità interna. Deve però cercare di rivedere il proprio discorso e la propria strategia al fine di renderla più convincente.

Tra le ragioni della sconfitta, avanzate dai vari commentatori, sono elencate: un’opposizione parlamentare scarsamente incisiva nei quattro anni passati, un eccessivo appannamento dell’identità del partito che ha cercato di rivolgersi ai vari settori dell’elettorato, soprattutto quelli del ceto medio, con proposte rassicuranti, e qualche errore tattico in campagna elettorale.

La stessa introduzione del sistema elettorale proporzionale, voluta da Syriza-Ps, ha probabilmente giocato a sfavore per un partito che, nelle precedenti occasioni, aveva beneficiato della polarizzazione elettorale legata al tendenziale bipartitismo del sistema. Tanto più che per molti aspetti resta un partito d’opinione, con un elettorato più volatile di quello su cui si basa Nuova Democrazia.

L’altro elemento che avrebbe influito sulla sconfitta, sottolineato soprattutto dai critici di sinistra del partito di Tsipras, sarebbe la decisione di sottoscrivere il Memorandum imposto dall’Unione europea nel 2015. Ma non si vede perché quei 600mila elettori che l’avevano comunque votato nel 2019 l’avrebbero improvvisamente abbandonato quattro anni dopo. Probabilmente lo scontro con l’Unione europea ha pesato nella difficoltà per una forza che si colloca a sinistra dell’establishment di rendere credibile un progetto di cambiamento dentro un contesto caratterizzato da uno spostamento a destra di tutto il quadro europeo, e stanti gli attuali rapporti di forza.

 

La stessa sconfitta di MeRA25 di Varoufakis, che si è proposto come l’erede coerente della linea di scontro con l’Unione europea perseguita da Syriza prima di arrivare al governo, sembra confermare che una strategia di rivincita del 2015 non convince gli elettori. Anche se le ragioni di malcontento sociale e di preoccupazione per il futuro continuano ad attanagliare una buona parte della società greca.

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