
La guerra mai. L’Arci si è schierata contro le pulsioni di riarmo europee, anche a costo di andare in direzione ostinata e contraria alla politica che conta, quella dei salotti buoni, quella per cui non ci sono alternative. Ursula Von der Leyen dice testualmente: “La Ue deve riarmarsi, le illusioni sono finite. E’ il momento della pace attraverso la forza”. Siamo arrivati a questo punto. Come la vede Walter Massa, presidente della grande associazione fondata a Firenze nel 1957?
“Il problema più grave è che sia passata l’idea che non esista alternativa a questo tipo di mondo. Come ricorda Luciana Castellina, il nostro vero nemico è ‘Tina’, ‘There is no alternative’, l’assunto per cui non c’è alcuna alternativa. Invece l’Arci crede sia importante costruire un’alternativa a quella che è una vera e propria ideologia, quella per cui le armi, le guerre sono l’unico strumento per risolvere le controversie internazionali. Non è successo ieri, è da anni che le relazioni mondiali vanno in questa direzione, alle politiche di welfare si stanno sostituendo le politiche di riarmo. Ricordo sempre che un anno fa o poco più l’ex presidente del Consiglio europeo Charles Michel, con un editoriale pubblicato su tutti i principali quotidiani dei paesi dell’Unione, anche in Italia, asseriva che, se volevamo difendere la pace, dovevamo prepararci alla guerra. Un disegno che va avanti da tempo, una pericolosa involuzione che non risponde agli obiettivi, alle stesse prerogative dell’Europa unita. Tutti si scandalizzano per le parole della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sul Manifesto di Ventotene, ma l’Europa di Ventotene non è stata mai realizzata. La scelta di questi piani di guerra non è caduta dal cielo, all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Ecco perché noi, come Arci, abbiamo voluto segnare una differenza, non certo per avere visibilità ma perché pensiamo che si può costruire un’alternativa ad un mondo in guerra”.
Siete parte essenziale del mondo pacifista, seguendo il cammino dell’indimenticabile Tom Benetollo che disse no alla guerra della Nato nella ex Jugoslavia, con Massimo D’Alema presidente del Consiglio. Anche oggi siete sotto accusa, non accettando il riarmo siete complici di Putin e ora anche di Trump.
“Sono accuse che non ci toccano, un dirigente dell’Arci nella Russia di Putin sarebbe finito in galera dopo dieci minuti. La questione è un’altra, si tratta di marcare una differenza. Dobbiamo prendere spunto dall’insegnamento di Alex Langer, di cui quest’anno a luglio ricorrerà il trentesimo anniversario dalla scomparsa. La pace si fa fra diversi, fra chi si combatte. La pace è la scelta politica alternativa al mondo in guerra. Non si tratta solo di una distanza politica da chi sceglie il riarmo, è una distanza culturale. La decisione di scendere in piazza e sostenere il movimento no global, da Seattle in poi, è stata una scelta di campo. L’Arci è libera e autonoma, lo dice la sua storia, lo raccontano decisioni lungimiranti come quelle di Tom Benetollo, e prima di lui Giampiero Rasimelli”.
Le politiche statunitensi di Donald Trump danno mano libera a Israele nel continuare la carneficina del popolo palestinese. E l’Europa resta a guardare. Come è possibile tanta indifferenza di fronte allo sterminio di un popolo? Non si rispettano operatori sanitari, giornalisti, operatori umanitari, è saltata qualsiasi regola.
“Sì, è saltata qualsiasi regola. Non credo però che tutto ciò sia casuale. Il presidente israeliano Netanyahu è uno dei leader della destra mondiale, è impunito proprio perché ha questo ruolo. Rappresenta una destra che non è quella che abbiamo conosciuto in passato, è quella del presidente argentino Milei, esponente di una nuova cultura che si può definire anarco-capitalista, che ha come principio fondante lo sprezzo di ogni regola, la libertà di fare tutto ciò che si ritiene utile. Se la democrazia è solamente la libertà di fare ciò che si vuole, allora anche Milei difende la democrazia, così come Netanyahu che decide di sterminare un popolo per occupare un territorio che ritiene suo. A prescindere dalle Convenzioni internazionali e dagli accordi di pace firmati in passato. La realtà israelo-palestinese è veramente drammatica, segna un punto di non ritorno con il suo attacco sistematico allo Stato di diritto e alla democrazia. Un attacco alla storia illuminista dell’Europa. Un’Europa che oggi scende in piazza sostenendo di difendere l’Ucraina, ma non dice una parola su quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, sul genocidio del popolo palestinese. In realtà sono anche convinto che all’Unione europea e ai governi europei interessi poco o nulla della popolazione ucraina. In definitiva siamo di fronte allo sfacelo dei principi fondamentali di quell’Europa evocata a Ventotene ma mai realizzata. Anche allo sfacelo dello Stato di diritto e della stessa civiltà europea, se di civiltà si può parlare”.
Avere in tasca la tessera dell’Arci, essere socio di un circolo o di una casa del popolo, vuol dire fare parte di una comunità con il cuore che batte dalla parte giusta, a sinistra. Aprendo il vostro sito, si legge subito: help Gaza now con il tuo 5 x 1000, stop ReArm Europe, Welfare non Warfare, e una flotta civile Arci per il monitoraggio in mare con l’obiettivo di salvare i migranti.
“A maggio del 2027 festeggeremo settant’anni di vita. Nonostante la drammaticità della situazione, l’associazione cresce, aumentano i soci, si organizzano nuovi circoli e si moltiplicano le attività. Credo che l’Arci cresca proprio per l’idea di mondo che cerca di trasmettere. Siamo riusciti ad attraversare indenni il novecento, a differenza di altre organizzazioni della sinistra e del movimento operaio. Certo, siamo usciti malconci dalla pandemia. Ma siamo stati capaci di ripartire e tornare a crescere. Nel biennio 2020-21, con i circoli chiusi, c’era stato un crollo verticale del tesseramento all’Arci, da un milione di soci passammo a poco più di 400mila. Dal punto di vista economico e della stessa rappresentanza, fu un tracollo. Ma a guardar bene, in quella situazione capimmo che quei 400milia iscritti erano il bene più prezioso che la pandemia ci aveva lasciato. Se 400mila persone si iscrivono ad un’associazione che ha i circoli chiusi e non fa alcuna attività, vuol dire che tu rappresenti qualcosa che va al di là quello che fai. Rappresenti un’idea di mondo, un mondo alternativo a quello che abbiamo sotto gli occhi”.
Torniamo sempre lì, a quel mondo diverso possibile che più di una generazione ha chiesto nelle piazze di mezzo pianeta.
“Certo, siamo alternativi. E lo siamo anche con le nostre contraddizioni. Penso che la nostra resistenza a condizioni avverse sia dovuta al fatto che non abbiamo mai nascosto i nostri dubbi, le contraddizioni che abbiamo di fronte. Le abbiamo vissute, le abbiamo attraversate, talvolta le abbiamo subite. Ma questo ha significato restare vicino alle persone, alle loro difficoltà, alle loro paure. E’ il contrario di quello che spesso sentiamo dire nelle conferenze stampa post elettorali, quando gli sconfitti di turno sostengono invariabilmente che ‘dobbiamo tornare nella società’. Come se si potesse vivere fuori dalla società. L’Arci è sempre stata nella società, con le sue contraddizioni, assumendole, vivendole. Perché, come diceva Marx, sono le contraddizioni che fanno vivere la società e fanno vivere il mondo”.
Contraddizioni che certo non mancano nella realtà italiana di questi anni.
“Siamo di fronte a un governo di destra, autoritario nelle sue politiche. Basti pensare al cosiddetto decreto ‘sicurezza’. In questo scenario l’Arci ha messo in campo un’azione programmatica e di attivismo molto più forte che in precedenza. Stiamo promuovendo, con altre realtà, una campagna europea contro il riarmo, e siamo stati presenti in tutte quelle piazze dove la parola pace era inequivocabilmente la prima e non l’ultima dopo tante altre. Saremo in tutte le piazze che tengono alta l’attenzione sulla carneficina di Gaza e sulla Cisgiordania, e saremo anche continuamente impegnati sul conflitto ucraino-russo. Fra i tanti che si riempiono la bocca di armare questo e armare quello, fin dal primo momento l’Arci è stata la rete nazionale che ha accolto più profughi ucraini. Con i fatti, non solo con le parole, rappresentiamo un’alternativa al mondo in guerra”.