Salute e sicurezza: all’Italia serve una strategia nazionale - di Sinistra sindacale

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Domenica 13 ottobre è stata celebrata la Giornata nazionale per le vittime degli infortuni sul lavoro. “Questa strage va fermata, non è più accettabile aprire i quotidiani tutti i giorni e leggere di morti sul lavoro”. Così la segretaria confederale della Cgil, Rossana Dettori, ha aperto, qualche giorno dopo, l’ultimo appuntamento delle Giornate del lavoro nella sede nazionale della Cgil, dal titolo emblematico: “Cambiamento è ... lavoro, sicurezza, prevenzione: le proposte della Cgil”.

Non è possibile accettare un dato tragico: negli ultimi dieci anni la dimensione della strage di lavoratrici e lavoratori è stata di 17mila persone. È proprio a partire dalla drammaticità della situazione che la Cgil ha chiesto e chiede al governo di fare tutto ciò che è in suo potere per dotare finalmente il nostro paese di una vera e propria strategia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Una strategia nazionale che guardi ai temi della strategia europea, creando assi di convergenza con il piano nazionale di prevenzione che viene redatto dal ministero della Salute – all’incontro era presente anche il ministro Speranza.

Dotarsi di una strategia come sistema-paese significa definire le politiche di prevenzione da attuare, le risorse da impiegare, le sinergie da creare, gli obiettivi da raggiungere e i sistemi di valutazione da impiegare, con piani e programmi annuali di interventi mirati. Oggi l’Italia è l’unico paese in Europa che non ha mai avuto una strategia: segno di disattenzione ai diritti fondamentali del lavoro. Bisogna che tutti prendano coscienza dei danni provocati dalla mancata prevenzione e dalla competizione basata sull’abbassamento dei diritti e delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori.

Per far questo è necessario un coordinamento tra tutti gli enti preposti e le parti sociali a sostegno. Per la Cgil è necessario che il sistema istituzionale della salute e sicurezza sul lavoro sia potenziato nel suo complesso, anche prevedendo l’applicazione integrale da parte delle Regioni dell’utilizzo dei proventi delle sanzioni per un’efficace azione di prevenzione. Altro passo da compiere con urgenza è l’applicazione della normativa del testo unico ai settori ancora esclusi: comparti di assoluta rilevanza come l’università, il mondo della scuola e della ricerca.

Bene dunque, per la Cgil, l’apertura del confronto col governo, a partire dalle richieste sindacali e con tavoli tematici che affronteranno le priorità. C’è apprezzamento sul fatto che si sia scelto di partire dal tema della sicurezza sul lavoro, e che il percorso sia iniziato coinvolgendo ad un unico tavolo tutti i soggetti istituzionali e sociali interessati.

Tutto questo però non basta. Si tratta ora di far decollare il confronto di merito, affrontando con rigore ed efficacia i problemi già messi in evidenza nel primo incontro. Tra i nodi da affrontare subito c’è quello della vigilanza sui luoghi di lavoro, attraverso una più chiara attribuzione delle competenze tra Stato e Regioni, superando farraginosità e disorganizzazione, e affermando finalmente un giusto coordinamento dell’attività ispettiva. In quest’ottica è fondamentale recuperare il ruolo delle parti sociali, e favorire più alti livelli di partecipazione. Occorre poi avviare una campagna di assunzioni di ispettori del lavoro, di medici del lavoro e di tecnici della prevenzione, per colmare i vuoti di organico determinatisi negli ultimi anni a causa del mancato turnover e ampliare l’efficacia e il raggio della prevenzione e della vigilanza. Per far questo servono stanziamenti di risorse mirati e di ammontare adeguato: non è accettabile non avere ispezioni e non garantire efficaci controlli per la carenza di personale nei diversi enti deputati. Inoltre, per quanto riguarda le ispezioni, è necessario completare il meccanismo di integrazione e interazione tra le banche dati di Inail, Inps e amministrazioni regionali.

Altro punto nodale, se si vuole davvero procedere con efficacia, è infine la necessità di affermare e realizzare l’esigibilità del diritto alla formazione sulla salute e sicurezza per tutti i lavoratori e le lavoratrici, superando i comportamenti elusivi da parte delle aziende, che sono la causa di molti infortuni sul lavoro e di molte malattie professionali. Così come del noto fenomeno degli infortuni letali nelle prime ore di lavoro dopo l’assunzione. Quest’ultimo fenomeno è infatti il segno evidente, da un lato, della poca o nulla informazione alle persone sui potenziali rischi e sulle relative procedure di sicurezza, dall’altro della diffusa irregolarità nei rapporti di lavoro, in un paese dove il lavoro nero e grigio continua a rappresentare una realtà purtroppo importante e diffusa, insieme ad una crescente precarietà del lavoro.

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