“Mission? Impossible!” - di Rsu Associazione La Nostra Famiglia

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Qual è la ‘mission’ di chi cerca di imporre il dumping contrattuale? 

La Nostra Famiglia è un’associazione gestita da un ordine religioso che afferisce ad Aris, presente con 29 centri in sei regioni italiane. Occupa circa 2.200 dipendenti suddivisi tra personale tecnico, riabilitativo, educativo e amministrativo.

Seguendo una ormai diffusa abitudine, i nostri datori di lavoro ci stanno imponendo, come in gran parte del settore sanitario e socio sanitario privato, un contratto di lavoro peggiorativo rispetto a quello in essere, sia sul piano normativo che economico.

La situazione, in questo momento, è resa ancor più grave e insopportabile perché la decisione unilaterale del cambio di contratto di riferimento avviene dopo un periodo di ben tredici anni di mancato rinnovo contrattuale, durante i quali i dipendenti non hanno avuto neppure un euro di adeguamento salariale.

La comunicazione ai sindacati di questa decisione è avvenuta, tramite posta elettronica pec, la mattina del 27 gennaio, data del probabile rinnovo del “vecchio” ccnl Aris Aiop sanità privata.

Il “nuovo” contratto, anch’esso scaduto al 31 dicembre 2015, peggiora le condizioni sia economiche che normative dei lavoratori, imponendo un incremento dell’orario settimanale di lavoro di due ore a parità di salario, riducendo i periodi di comporto per malattia e infortunio, non prevedendo tutele per i lavoratori che seguono terapie salvavita, eliminando ogni progressione di carriera. Applicando dei tabellari che sono decisamente inferiori, parliamo di differenze tra i 200 e i 400 euro mensili, rispetto a quelli attualmente applicati. Tutto questo per evitare, dopo tredici anni, di riconoscerci, per diritto, il rinnovo economico e normativo, del nostro contratto.

Le lavoratrici e i lavoratori hanno proclamato lo stato di agitazione e si sono ribellati a questo sopruso, ritenendo sia stato scaricato loro addosso tutto il peso di una crisi di sistema, frutto delle altrui incapacità imprenditoriali.

Ancora più offensivo è poi, per chi mastica un poco di sindacato, l’apertura aziendale a riconoscerci, in qualche modo, un adeguamento (parziale) del nostro salario agli incrementi che saranno sottoscritti per il nostro “vecchio” contratto. Insomma, dovremmo andare a un faticoso processo di armonizzazione contrattuale con il cappello in mano, sperando che, bontà loro, qualche cosa, dopo tredici anni, ci venga riconosciuto? Armonizzazione prevista solo per i lavoratori senior, mentre i giovani nuovi assunti saranno abbandonati al loro destino.

Per noi poi la situazione sarà ancora più critica. Il nuovo contratto ‘Aris case di cura e centri di riabilitazione’ non fu sottoscritto dalla Fp Cgil, dopo l’esito di un grande dibattito interno e di un referendum che vide la stragrande maggioranza di noi bocciare, senza mezzi termini, quella pessima pre-intesa sindacale. La nostra posizione fu chiara allora e lo è adesso: la riabilitazione è sanità, non socio assistenziale. La riabilitazione dell’età evolutiva è sanità e lo è molto più di tante altre branche del nostro sistema sanitario.

Riteniamo di essere vittime sacrificali di una crisi di sistema, governata per anni anche dalle politiche delle Regioni, che tendono a erogare sempre meno prestazioni e remunerarle sempre meno. In Lombardia, in particolare, ha fatto scuola la “formigoniana” decisione di far afferire la riabilitazione sotto le competenze dell’assessorato alla famiglia (sic), e non all’assessorato alla sanità. 

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