L’abbraccio fra Lula e i suoi compagni italiani - di Leopoldo Tartaglia

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C’era un clima di grande passione ed emozione. Una sala Di Vittorio stracolma, così come i corridoi e le scale della Cgil nazionale, dove centinaia di persone attendevano con trepidazione l’arrivo di Lula, il presidente operaio.

Nel suo primo viaggio all’estero dopo il rilascio dalla lunga prigionia Luiz Inácio Lula da Silva è venuto in Italia, per un colloquio privato con Papa Francesco. Ma, pur in una brevissima visita, ha voluto fortemente incontrare gli amici e i compagni “storici”, la Fondazione Basso e il Tribunale permanente dei Popoli e il sindacato unitario, insieme al comitato italiano “Lula Livre”. In sala ci sono anche tanti brasiliani che vivono in Italia, attivisti del Comitato Lula Livre, sostenitori del Pt, simpatizzanti della Cut, il sindacato fondato da Lula. Cantano quando sta per entrare il loro “Presidente”: “Lula, il popolo è con te”.

“Lo abbiamo aspettato. Abbiamo lottato per lui. Abbiamo protestato in Italia e nel mondo contro il suo arresto. Un’azione ingiusta contro un uomo giusto. Solo il carcere ha impedito a Luiz Inácio Lula da Silva di partecipare e vincere le elezioni presidenziali in Brasile”, lo accoglie così un’altrettanto emozionata Susanna Camusso. “Oggi, al suo primo viaggio all’estero dopo il rilascio, è venuto a trovarci. Non smetteremo mai di chiedere giustizia e di batterci insieme a lui e ai sindacati brasiliani per la democrazia e i diritti umani, civili e sociali. Ben arrivato, presidente operaio!”, è la sostanza del saluto dei tre segretari generali Cgil, Cisl e Uil, Landini, Furlan e Barbagallo.

Lula ha dovuto subire una lunga ed esasperante prigionia, servita a tenerlo lontano dalle presidenziali poi vinte dall’estrema destra di Jair Bolsonaro. Cinquecentottanta giorni in carcere mentre l’opinione pubblica mondiale e le piazze reclamavano “Lula libero”. E lui resisteva alle accuse e alla privazione di affetti e libertà. Accuse del tutto infondate, come ha spiegato ancora una volta il suo consulente legale, che lo ha accompagnato in questo viaggio.

Tutti i presenti – dai sindacalisti agli esponenti politici delle sinistre, dalle personalità della cultura democratica ai rappresentanti dell’associazionismo – vogliono in qualche modo dirgli grazie per aver avuto la forza di resistere e di continuare a lottare, con una grandissima dignità, rivendicando le sue battaglie politiche e sociali, le sue origini, la difesa non solo del suo progetto di governo in Brasile, ma di tutte le esperienze progressiste e rivoluzionarie dell’America Latina. E tutti vogliono promettergli che nella difficile difesa della democrazia continueranno sempre ad essere al suo fianco.

Lula ricambia, perché anche nei momenti più bui, in quella cella di Curitiba, non si è mai sentito solo. Per tutti i 580 giorni della sua prigionia un “picchetto” di massa si è riunito davanti alla caserma dove era detenuto. Immancabilmente, ogni giorno, i militanti e gli ospiti stranieri scandivano la giornata: “Buongiorno, Presidente; buon pomeriggio Presidente; buona sera, Presidente, buona notte, Presidente!”, come lui stesso racconta nel suo appassionato intervento. Ma se è il popolo stretto a lui che gli dà fiducia, è lui che dà coraggio ai politici, sindacalisti, donne e uomini di cultura che riescono ad incontrarlo per brevi colloqui durante la prigionia.

Lula racconta il suo incontro con Papa Bergoglio, il legame che li unisce: il desiderio di stroncare le disuguaglianze e quello di difendere un pianeta sempre più a rischio. Attacca le destre senza confine, il populismo, il fascismo, una leadership globale fatta di personalismi e autoritarismi. Dove il presidente Usa si arroga il diritto di riconoscere come presidente di un paese sovrano “il primo che si alza una mattina e si autoproclama presidente”, palese il riferimento al tentato golpe dell’opposizione venezuelana.

Ma quello di Lula è soprattutto il racconto della lunga storia sua e del movimento sindacale e dei lavoratori brasiliano. Ricorda lo stretto legame con i sindacati italiani fin dagli anni ’80, come l’incontro - che non dimenticherà mai - con Enrico Berlinguer. Una lunga serie di aneddoti che hanno come protagonisti Lech Walesa, Kofi Annan e persino George W. Bush. E ricorda a tutti: “Ottieni rispetto solo quando sei tu il primo a rispettare te stesso”. In ogni parola che spende c’è il richiamo alla dignità e alla difesa degli ultimi.

Il suo saluto, alla fine, è un arrivederci. Lula, il presidente operaio che è stato a capo del sindacato dei metallurgici, che ha fondato il Partito dei lavoratori (Pt), che ha guidato il Brasile dal 2002 al 2010, è un uomo tutt’altro che piegato dagli avvenimenti degli ultimi anni. “Sono un settantaquattrenne, ma mi sento l’energia di un ventenne. Non mi arrenderò”.

Tenuto segreto fino all’ultimo, il viaggio di Lula viene interpretato in Brasile come la prima vera uscita pubblica in vista di un rilancio del Pt per le elezioni del 2022.

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