“Cambiare le pensioni adesso” - di Leopoldo Tartaglia

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Con la video-assemblea del 4 maggio scorso, cui hanno partecipato i segretari generali Landini, Sbarra e Bombardieri, Cgil Cisl e Uil hanno voluto rilanciare la vertenza sulle pensioni. Un tema, questo, assente dalle politiche e dalle risorse stanziate con il Pnrr. Anzi, a ben vedere, minacciosamente presente nelle premesse del Piano e nelle “riforme” invocate dalla Commissione europea che, nelle sue raccomandazioni all’Italia del 2019, evocava un ritorno alla “riforma” Fornero di fronte all’introduzione temporanea – triennale – di “quota 100”. Nella consueta logica di valutare il sistema pensionistico solo in funzione della sua sostenibilità finanziaria, senza mai alcun riferimento alla sostenibilità sociale e ai diritti di lavoratrici e lavoratori e pensionate e pensionati.

Come previsto, con la fine dell’anno “quota 100” verrà meno e – tanto più di fronte alle pesanti conseguenze sociali della pandemia e della fine del blocco dei licenziamenti – è impensabile ritornare al pensionamento a 67 anni per tutti. Si sta riavviando un tavolo di confronto con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ma le intenzioni del governo, ad usare un eufemismo, non sono affatto chiare. Al contrario della piattaforma unitaria, presentata già da tempo.

Per Cgil, Cisl e Uil le pensioni vanno riformate in modo strutturale, per superare i tanti vincoli e le tante iniquità presenti nel quadro legislativo. E il momento per farlo è adesso, perché quei problemi sono presenti da tempo e perché non si può in alcun modo tornare alla Fornero, tra le principali responsabili di quelle iniquità. Tra l’altro, come avevamo previsto e denunciato, “quota 100” non ha neppure dato i risultati annunciati dai suoi promotori, e c’è un notevole risparmio delle risorse messe a bilancio che ora possono e debbono essere utilizzate sempre in ambito previdenziale sulle proposte della piattaforma sindacale.

Il paradosso è che sui media è già partita la grancassa di commentatori ed “esperti” di vario orientamento, tutti concordi però nel proseguire nella logica di provvedimenti tampone (come “quota 102” o il semplice allargamento dell’Ape sociale), mentre per noi si tratta di delineare un nuovo quadro generale organico sulle pensioni. Una vera riforma. Su questo Cgil, Cisl e Uil vogliono risposte dal governo.

Per quanto riguarda l’“emergenza” e la fase di uscita – speriamo – dalla pandemia, fra le altre misure, dovranno essere riformati e resi più accessibili alcuni strumenti che permettono di affrontare le crisi senza farle pagare ai lavoratori, come i contratti di espansione e l’isopensione, che possono favorire le uscite anticipate di quanti sono più vicini alla pensione. Ma al di là di queste misure contingenti, dobbiamo traguardare un sistema più equo di previdenza pubblica.

Per far questo è necessario prima di tutto introdurre una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età; riconoscere la diversa gravosità dei lavori e il lavoro di cura e delle donne; offrire una prospettiva previdenziale anche ai più giovani, e a chi fa lavori poveri o discontinui, attraverso l’introduzione di una pensione di garanzia. L’attuale mercato del lavoro precario e discontinuo rischia di creare un esercito di pensionati poveri, con migliaia di giovani e meno giovani – il contributivo puro vige per quanti hanno iniziato a lavorare dal 1996 - che non riescono a costruirsi un montante di contributi adeguato ad avere una pensione dignitosa. Allo stesso tempo, la piattaforma unitaria si basa su proposte precise a favore delle donne, che sono sempre le più penalizzate.

L’altro punto decisivo, ovviamente, riguarda la condizione di chi è già in pensione. È arrivato il momento di riparlare del valore reale delle pensioni, che sono andate progressivamente svalutandosi negli anni, con meccanismi certi di rivalutazione, l’allargamento della “quattordicesima” e l’allineamento della pressione fiscale al lavoro dipendente. Così come bisognerà dare concreta ed efficace attuazione alle aperture contenute nel Pnrr per una legge sulla non autosufficienza che sindacati dei pensionati e confederazioni richiedono da anni, di fronte ai crescenti bisogni di una popolazione in invecchiamento.

Più discutibile, nella piattaforma, la proposta di rilanciare la previdenza complementare attraverso un periodo di silenzio-assenso. Servirebbe un bilancio più articolato degli effettivi ostacoli all’adesione proprio dei soggetti ‘previdenzialmente’ più deboli, ancora una volta lavoratrici e lavoratori precari e con salari bassi, impossibilitati ad ulteriori forme di risparmio previdenziale.

Ora è fondamentale che si diano le necessarie gambe alla vertenza. Se, come giustamente sottolineato dai segretari generali, “il tempo della riforma è adesso”, alle verifiche sulle reali disponibilità del governo, con un confronto stringente, dovranno affiancarsi le opportune iniziative di mobilitazione, a partire da una campagna di informazione nei luoghi di lavoro e nelle leghe dei pensionati.

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