1946-2021: il cammino delle donne. 75 anni di voto e democrazia - di Vilma Nicolini

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Quest’anno ricorre il 75esimo anniversario del voto alle donne: il 2 giugno 1946 le donne votarono in massa (12 milioni su 14 aventi diritto) in occasione del referendum istituzionale monarchia/repubblica e per l’elezione dell’Assemblea Costituente. Le norme che sancirono il diritto alle donne di votare ed essere elette furono poi inserite nella nostra Carta costituzionale (articoli dal 48 al 51) chiudendo positivamente un percorso culturale, giuridico e di lotta delle donne che era durato quasi un secolo (per venti volte in Parlamento fu presentata la proposta per riconoscere il voto alle donne, e per venti volte fu respinta).

Le donne sono state protagoniste della nascita e della costruzione della nostra Repubblica; hanno partecipato alla guerra di liberazione contro il fascismo e il nazismo, si sono mobilitate per conquistare il diritto al voto e per convincere le italiane a esercitarlo. Il 1946 è stato l’anno dei cambiamenti che spazzarono via pregiudizi e tabù di un passato, allora recente, di dittatura e di guerra, e di vecchia consuetudine per le donne di essere sottomesse alle decisioni maschili.

Dai diritti si passò negli anni successivi alle politiche per le donne (con leggi che potremo chiamare “delle e per le donne”), nel lungo cammino che le italiane hanno compiuto per la promozione della parità e il riconoscimento della differenza femminile.

Circa vent’anni dopo, nel 1968, si creò una frattura nella società italiana e per le donne fu il primo, vivace momento di partecipazione politica, prima nei movimenti degli studenti e dei lavoratori e poi nel femminismo. Nel 1968, secondo i politologi, le donne cominciarono ad abbandonare le idee conservatrici influenzate dalla chiesa cattolica, svoltando verso un orientamento politico progressista. Anche in Italia era arrivato il vento del cambiamento, modificando le relazioni fra i sessi, in nome di una libertà che, accorciando le gonne, seppelliva il perbenismo degli anni precedenti e determinava una trasformazione così profonda ed estesa, in particolare sulle donne, che il cambiamento incise a fondo nella vita di un’intera generazione, radicandosi stabilmente nelle generazioni successive.

Il bilancio però, a 75 anni dal voto, resta ancora scarso. Da alcuni anni assistiamo ad un arretramento nei diritti acquisiti, e ad una mancanza di conquista di diritti nuovi.

La recente pandemia e la crisi economica e finanziaria che ha colpito il nostro Paese in questi ultimi anni hanno penalizzato soprattutto le donne, che pagano sia l’estromissione dal mercato del lavoro, sia la riduzione del welfare sociale e il conseguente aumento del carico del lavoro di cura.

L’Italia si posiziona tra gli ultimi posti in Europa per tutti gli indicatori di uguaglianza tra donne e uomini. Le donne sono più precarie, anche se in realtà le ragazze si laureano più e meglio dei loro coetanei e sono ormai entrate nel mercato del lavoro, sia pubblico sia privato; ma l’Italia non utilizza le risorse femminili che ha, nemmeno in un momento in cui si dovrebbero migliorare le capacità produttive del Paese. Siamo una nazione in cui mancano vere politiche di welfare, a partire da asili nido, scuole a tempo pieno, cura di anziani e disabili. Le giovani donne si trovano costrette a optare fra tenersi un lavoro o fare figli, infatti il nostro tasso di natalità è tra i più bassi d’Europa, e resiste una vecchia cultura familista che richiede alle italiane una quantità di lavoro assai superiore rispetto alle europee.

L’insufficiente presenza di donne in ruoli decisionali fa sì che raramente la “conciliazione dei tempi” venga considerata un tema prioritario, inducendo un’organizzazione del lavoro e della società, tarata su un “addetto tipo” che dispone di una donna a casa che si occupa di tutto il resto (sia essa la compagna, la moglie, la mamma o la suocera).

Oggi possiamo votare, ci sono riconosciuti diritti umani al pari degli uomini, abbiamo convenzioni importanti che ci tutelano, godiamo di maggiori libertà; ma dobbiamo calare quanto raggiunto sulla carta nella vita reale, nei linguaggi, nei pensieri e nelle azioni. Faticoso e difficile, ma non impossibile.

La strada da percorrere per una reale uguaglianza tra i sessi è ancora lunga e richiede numerosi cambiamenti nella mentalità e nelle azioni. Esige un programma di interventi che dovrebbero essere studiati per le donne, ma soprattutto proposti e sostenuti da tutti, uomini e donne, semplici cittadini, istituzioni, sindacati e associazioni, perché le conquiste e i risultati saranno un beneficio per tutta la collettività.

Per continuare ad alimentare la democrazia, in Italia come altrove, per rinnovare lo sviluppo della società europea e mondiale, le donne devono essere riconosciute come soggetti attivi e protagoniste del cambiamento sociale. Il cammino iniziato tanti anni fa non è ancora concluso. Continuiamolo insieme per contrastare timori e pregiudizi e per costruire una società paritaria, inclusiva, ricca di cultura e umanità.

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