Cartonificio fiorentino, a Sesto si sono rotti le scatole - di Frida Nacinovich

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Nella popolosa e dinamica Piana fiorentina, quel sito industriale di viale Ariosto a Sesto Fiorentino ha una storia lunghissima e da ricordare: “Qui una volta si faceva e si confezionava la marmellata - spiega Gianni Marchionni - ci lavorava mio nonno. Pensa quanto bene voglio a questo posto”. Poi, nel secondo dopoguerra, dalle confetture si passò ai cartoni pesanti. Più pesanti di quelli che gli acquirenti di tutto il pianeta aprono quando arriva loro a casa un pacco di Amazon o di un altro megastore digitale. Al Cartonificio Fiorentino si fanno imballaggi seri, che servono per imballare macchinari di ogni tipo. “Un settore che non conosce crisi - puntualizza Marchionni - anzi la transizione ecologica ha già aumentato e aumenterà ancora di più le commesse. Perché nei prossimi anni le plastiche saranno sempre meno prodotte, e i materiali riciclabili come il nostro prenderanno sempre più il sopravvento”.

Delegato sindacale per ventisei anni, con in tasca la tessera della Slc Cgil, Marchionni è la memoria storica dell’ultimo quarto di secolo della fabbrica. “Quando sono entrato avevo venticinque anni, oggi ne ho cinquantasei, fai te i conti. All’epoca i ‘vecchi’ dicevano che ‘è meglio di un posto in Comune’. Il lavoro non mancava e non è mai mancato. Io qui sono cresciuto, nel corso degli anni mi sono sposato e ho messo su famiglia. Il Cartonificio è parte integrante della mia vita”.

Oggi Marchionni è in sciopero ai cancelli della fabbrica, con i suoi compagni di lavoro. Perché i nuovi proprietari della Pro Gest, casa madre del Cartonificio Fiorentino dal 2014, vogliono trasferire baracca e burattini in lucchesìa, per la precisione ad Altopascio, nel grande sito industriale che una volta si chiamava Ondulati Giusti.

Responsabile di questo (insensato) dinamismo imprenditoriale è il gruppo veneto che fa capo alla famiglia Zago. L’ex operaio Bruno Zago è un self made man, ha messo su un piccolo impero, ma come spesso avviene in casi del genere tende ad accelerare troppo in curva. Così, dopo alcune acquisizioni arrischiate come quella della famosa cartiera Burgo di Mantova, vicenda che meriterebbe un articolo a sé, ora vuole ‘riorganizzare’ i suoi affari, con disinvolte operazioni di trasferimento di ramo d’azienda all’interno della sua Pro Gest. E il Cartonificio Fiorentino rischia così di abbandonare Sesto.

Va da sé che i centodieci attuali lavoratori diretti e indiretti della fabbrica di viale Ariosto, ma anche il sindaco sestese Falchi e i suoi concittadini, non ci stanno. Dall’inizio dell’anno è partita una vertenza con agitazioni, blocco degli straordinari, mobilitazioni, scioperi. “Anche i compagni della Gkn sono venuti qui ai cancelli dello stabilimento con i loro striscioni a darci solidarietà. Lo stesso hanno fatto i lavoratori del Centro smistamento postale che sono poco distanti da noi. E anche quelli della Telecom”, sottolinea Marchionni. “Il cartonificio è un patrimonio storico di Sesto Fiorentino e della Piana, non aspetteremo passivamente la chiusura”.

Con i sestesi tutti dalla parte dei lavoratori, la chiara presa di posizione della Camera del Lavoro Metropolitana in difesa della fabbrica, non sarà facile per la Pro Gest dar corpo al trasferimento. “Ci hanno detto che la ricerca di un terreno per realizzare un nuovo stabilimento a Sesto non ha portato frutti. In realtà i prezzi proposti da Zago erano ridicoli. Insomma, continua a volerci trasferire tutti ad Altopascio. E non sono solo i cento chilometri ogni giorno, fra andata e ritorno, a preoccuparci. Corriamo anche il rischio di esuberi, di licenziamenti”. Un autentico paradosso in un settore in piena salute, per una fabbrica che funziona, fattura e fa utili.

Dopo trentuno anni trascorsi in produzione, Marchionni di carta e cartone se ne intende. “Abbiamo mantenuto un alto standard di produzione nonostante gli investimenti si siano via via assottigliati. Faccio un esempio: Zago si è limitato a portarci un vecchio macchinario ricondizionato. Sotto la targhetta di conformità c’era ancora l’anno di produzione, il 1974. Va da sé che nel tentativo di chiuderci sono stati dirottati altrove clienti storici. Meglio venderci ad altri, prima di affossare il nostro stabilimento”.

L’imprenditore trevigiano ha anche fatto di tutto per ‘smontare’ accordi aziendali frutto di anni di lotte. “Sulle festività non pagate, per decisione del tribunale, deve restituirci 170mila euro. Ora ci ha detto che salderà il conto a spizzichi e bocconi, in quattro anni”. Insomma un classico padroncino del nord-est, di quelli del presunto miracolo economico costato lacrime e sangue a lavoratrici e lavoratori, che si fa fotografare a braccetto con il governatore veneto, il leghista Luca Zaia.

Al Cartonificio Fiorentino si lavora dal lunedì al venerdì, su tre turni di otto ore, a ciclo continuo: 6-14, 14-22, 22-6. Fra addetti diretti e indotto primario, mensa, manutenzione, autotrasportatori, ecc. si passa abbondantemente il centinaio di dipendenti. Non sono cartoni da macero.

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