Sicurezza sul lavoro: un passo avanti o due indietro? - di Mauro Valiani

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

E' in via di approvazione la modifica di alcune parti del Testo unico sicurezza sul lavoro, ex decreto-legge 21 ottobre 2021, numero 146 (‘decreto fiscale’). Il provvedimento contiene diversi aspetti particolari (sulle funzioni del preposto, un certo incremento delle sanzioni, sulla formazione, ecc.), ma il carattere più rilevante è l’estensione, a tutti i settori lavorativi, dei compiti di vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl). Un sovvertimento dei principali principi fondativi della riforma sanitaria del ‘78, che assegna al Servizio sanitario nazionale i compiti ‘integrati’ di prevenzione, vigilanza e controllo, e assistenza.

Dopo gli anni ‘80 si erano stabilizzate alcune importanti conquiste legislative sulla salute nei luoghi di lavoro, esitate nel DLgs 81/2008 (con un ruolo dell’allora sottosegretario alla Sanità, Giampaolo Patta), registrando anche un certo miglioramento degli indici infortunistici. Successivamente è iniziato un lungo periodo in cui i rapporti di potere nei luoghi di lavoro sono cambiati, in corrispondenza ad un incremento delle condizioni di precarietà. Colpisce particolarmente che ancora oggi i tipi di incidenti mortali siano simili a quelli ‘antichi’, da anni ‘50 del secolo scorso. La stragrande maggioranza di questi incidenti erano e sono evitabili con pratiche concrete di valutazione e gestione dei rischi.

La vigilanza da parte dello Stato nelle sue articolazioni è fondamentale, ma non potrà mai sostituire il compito delle imprese nella valutazione e rimozione dei rischi, con il contributo di controllo dei lavoratori. I determinanti che spesso hanno causato l’incidente o le malattie da lavoro riguardano la precarietà, la mancata e/o inadeguata formazione alla sicurezza, l’‘informalità maligna’ che regola l’organizzazione di talune imprese.

A fronte di questa ‘realtà effettuale’, il decreto-legge 146/2021 rischia di essere un passo falso perché crea una condizione di non chiarezza sul ‘chi fa che cosa’ circa l’attività di vigilanza sul rispetto delle misure di sicurezza; appare sostanzialmente orientato alla ‘repressione’; opera una separazione dalla ‘prevenzione’. Si accantona una delle innovazioni più importanti della legge 833/1978, che assegnava le competenze relative alla salute dei lavoratori al Ssn come una delle funzioni della promozione della salute del cittadino.

L’Inl non possiede al proprio interno competenze specifiche per esercitare le nuove funzioni che gli vengono attribuite dal decreto. Professionalità invece presenti negli operatori dei Dipartimenti di Prevenzione delle Asl (Tecnici della prevenzione, Medici del lavoro, Ingegneri, Assistenti sanitari, Chimici, Biologi, Psicologi del lavoro, ecc). La duplicazione dei soggetti che intervengono su tutti i settori produttivi non si traduce in migliori e maggiori interventi di vigilanza, anzi, è possibile ipotizzare conflitti di competenze e/o interventi duplicati.

La necessità di avere un coordinamento e un indirizzo nazionale del tema salute e sicurezza sul lavoro, di un controllo della coerenza tra principi e modelli organizzativi regionali, è indubbia. Da questo punto di vista la parte del decreto che indica il rafforzamento di un unico sistema informativo nazionale è positiva. Tuttavia, per quanto riguarda la vigilanza, ciò che occorreva – insieme al necessario incremento del personale dell’Inl finalizzato al controllo del lavoro nero e irregolare – era piuttosto porre rimedio alla situazione di abbandono nella quale i governi e le Regioni hanno tenuto gli organi delle aziende sanitarie incaricati della prevenzione e della vigilanza (gli addetti ai Servizi di Prevenzione delle Asl sono passati da 5.060 operatori nel 2008 a 3.246 nel 2018).

Né i ministeri interessati, né il Parlamento hanno considerato gli emendamenti al provvedimento in discussione proposti dal Coordinamento tecnico delle Regioni, Area Prevenzione e Sanità Pubblica, né tantomeno un appello che in questi giorni ha raccolto oltre mille firme di sindacalisti, operatori dei servizi pubblici e cultori della materia.

Permane l’urgenza di rilanciare l’impegno di rafforzare gli organici dei Servizi di Prevenzione Collettiva delle Asl stanziando apposite risorse nella manovra di bilancio, controllandone (da parte del ministero della Salute, che in tutta questa vicenda non ha svolto un ruolo) l’effettivo utilizzo da parte di Regioni e Asl. Ciò è indispensabile per assicurare uno sviluppo efficace del Piano nazionale della Prevenzione e relativi piani regionali.

Sul tema salute e sicurezza del lavoro si giocano i caratteri fondanti della dignità delle persone che lavorano e, più in generale, del grado di incivilimento di un paese. I soggetti collettivi devono riaprire una discussione e un confronto con i lavoratori, i servizi pubblici e le istituzioni, per definire una nuova politica, un complesso ‘organico’ di provvedimenti, per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search