Per un dividendo di pace. Basta atomiche, meno spese militari - di Leopoldo Tartaglia

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Si è celebrato il primo anno dall’entrata in vigore del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (Tpnw), il primo strumento internazionale che dichiara illegali le armi nucleari, discusso e votato all’Onu nel luglio 2017 ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021. Un momento cruciale, dunque, per le campagne internazionali e nazionali impegnate per il disarmo nucleare. In Italia, Senzatomica e Rete Italiana Pace e Disarmo hanno rilanciato la mobilitazione “Italia, ripensaci”, perché anche il nostro Paese aderisca al trattato.

Il Tpnw sancisce l’illegalità delle armi nucleari e ne vieta l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento, il trasferimento, la ricezione, la minaccia di usarle, lo stazionamento, l’installazione o il dispiegamento. A oggi 59 Stati lo hanno ratificato, impegnandosi a rispettare un processo graduale e sicuro verso il disarmo nucleare totale. Nove Paesi sono entrati a far parte del trattato nel corso del 2021, dimostrando secondo Ican (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) una “dinamica positiva di rafforzamento del Trattato che, già oggi, pur se nessuno tra Stati nucleari e loro alleati lo ha ratificato, produce effetti positivi come la riduzione dei fondi messi a disposizione delle aziende produttrici da parte degli investitori internazionali, diminuiti di 63 miliardi di dollari in due anni”.

L’Italia, come si diceva, non ha ancora firmato il Tpnw, ed è per questo che Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica hanno rilanciato l’azione “Italia, ripensaci”, “affinché governo e Parlamento decidano di compiere passi concreti verso la costruzione di un mondo libero da armi nucleari, dando degno seguito all’impegno sottoscritto con il Trattato di Non Proliferazione (Npt)”.

Recentemente le cinque potenze nucleari ufficiali – Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito – hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui affermano che “non si può vincere una guerra nucleare”. Ma non si allontanano dalla perversa logica di continuare a mantenere l’armamento nucleare, giustificandosi con esigenze di “sicurezza nazionale”, e a investire pesantemente su di esso – circa 73 miliardi di dollari nel 2021.

Uno degli aspetti più rilevanti del Tpnw è la sua nascita e concretizzazione grazie all’impegno della società civile internazionale riunita nell’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican), insignita per questi sforzi del Premio Nobel per la pace 2017. Si è trattato quindi di una grande vittoria della società civile, delle persone e dei sopravvissuti al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, gli ‘hibakusha’, che ha aperto la strada affinché ognuno possa compiere la propria parte nel processo del disarmo nucleare.

La campagna “Italia ripensaci” chiede al governo anche di partecipare come “Stato osservatore” alla prima Conferenza degli Stati Parti del Tpnw in programma a Vienna nel marzo 2022, come hanno deciso di fare, ad esempio, Norvegia e Germania, come l’Italia membri della Nato, e, la seconda, con presenza di testate nucleari Usa sul proprio territorio come nel nostro Paese.

Intanto, Azione cattolica, Acli, Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento Focolari Italia e Pax Christi promuovono per il prossimo 26 febbraio una giornata di confronto fra tutte le realtà del mondo cattolico che hanno sottoscritto il documento “Per una repubblica libera dalla guerra e dalle armi nucleari”. Le associazioni ricostruiscono passaggi e motivazioni da cui è nato l’appello al Parlamento a ratificare il Trattato Onu. A partire dalle parole di don Primo Mazzolari: “Abbiamo bisogno di giustizia sociale, non di atomiche”, e di Papa Francesco: “nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l’assordante rumore di guerre e di conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale”.

Nei giorni scorsi, inoltre, oltre cinquanta scienziati e premi Nobel hanno lanciato la campagna per il “Dividendo della pace”. Una “semplice proposta per l’umanità”, l’hanno definita gli studiosi, tra cui figurano, oltre agli organizzatori Carlo Rovelli e Matteo Smerlak, Carlo Rubbia, Giorgio Parisi, Roger Penrose, Steven Chu. Gli scienziati firmatari chiedono ai governi di tutti gli Stati Onu di “avviare trattative per una riduzione concordata della spesa militare del 2% ogni anno, per cinque anni”. In questo modo “enormi risorse verranno liberate e rese disponibili, il cosiddetto ‘Dividendo della pace’, pari a mille miliardi di dollari statunitensi entro il 2030”.

Si tratterebbe di una cifra molto superiore a quella totale che gli Stati destinano attualmente a tutti i programmi di cooperazione, comprese le Nazione Unite e le sue agenzie. E potrebbe contribuire a contrastare problemi comuni come pandemie, cambiamenti climatici, povertà estrema.

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