Cala la tela sul bipolarismo - di Riccardo Chiari

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La rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale, viste le modalità con cui è avvenuta, porta con sé una serie di conseguenze politiche. Tutte ad alto peso specifico, destinate a segnare sia il cammino residuo di questa legislatura che il quadro di partenza della prossima.

La prima e più importante conseguenza è la fine, definitiva, del bipolarismo. Nella pur trentennale trimurti del (centro)destra, le divisioni fra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sono state infatti talmente marcate da far ipotizzare una lunga fase di rapporti gelidi, se non apertamente conflittuali, tra le diverse forze politiche. E la decisione di Forza Italia di compattarsi con l’area di centro, prima sul nome di Pierferdinando Casini e poi su Mattarella, prefigura nuovi scenari.

Anche nel campo del cosiddetto centrosinistra, dove pure le differenze sono state più sfumate, l’accordo fra Pd e Movimento 5 Stelle ha mostrato profonde crepe. A partire dalle opposte valutazioni di partenza, con il Pd a favore di Mario Draghi al Quirinale e il M5S apertamente contrario, per finire con la plateale spaccatura interna nel partito che aveva stravinto le elezioni del 2018, e che oggi è frantumato in tanti progetti politici e personali.

La conservazione dello status quo, con Draghi alla guida del governo e Mattarella al Colle, è stata salutata con soddisfazione dalle variegate forze politiche di centro. In primis dall’Italia Viva di un Matteo Renzi che ora ha un anno di tempo per dare gambe al suo, dichiarato, progetto di una coalizione alternativa sia alla destra (Lega e Fdi) che all’alleanza Pd-M5S-Leu, sostenitrice all’epoca del secondo governo di Giuseppe Conte.

Proprio questo progetto politico, nel quale confluiranno con tutta probabilità gli orfani dell’ormai troppo anziano e acciaccato Silvio Berlusconi, dà l’ultima palata di terra al bipolarismo. Peraltro sempre costruito “in vitro”, grazie a leggi elettorali costruite ad hoc.

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