La destra contro la Protezione speciale - di Senka Majda

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Il nuovo governo, con il cosiddetto decreto Cutro, sta portando avanti con fermezza il suo progetto normativo sull’immigrazione. Benché il nome rimandi ai 94 morti della strage di Cutro, esso in realtà rappresenta un continuum dei “decreti sicurezza” di Salvini. Si aggiungono infatti una serie di interventi peggiorativi che smantellano il sistema di accoglienza, e restringono l’applicazione della Protezione speciale che tanto ruolo ha avuto nella regolarizzazione di oltre 10mila persone.

I “mostri” per il governo Meloni sono i richiedenti asilo, ai quali verrebbe negato l’accesso al Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) e all’insieme dei servizi utili al raggiungimento dell’autonomia personale dell’accoglienza diffusa. Già Salvini aveva segregato i richiedenti asilo nei Cas, Centri di accoglienza straordinaria, che accolgono la maggior parte dei richiedenti asilo. L’attenzione dell’esecutivo si concentra ora sugli hotspot, i cosiddetti “punti di crisi” dove i richiedenti asilo appena giunti in Italia vengono trattenuti per essere identificati entro un massimo di 30 giorni, termine che si dilunga senza la possibilità di intervento dell’autorità giudiziaria, che dovrebbe verificare i presupposti della detenzione.

Questi centri verranno potenziati per includere la maggior parte dei richiedenti asilo destinatari della procedura accelerata, o coloro che vengono fermati alla frontiera “per aver eluso i controlli”: una formulazione troppo vaga che rischia di colpire chi cerca salvezza in Italia. Il trattenimento negli hotspot non viene più inteso come transitorio per l’identificazione, ma finalizzato alla valutazione delle domande di asilo. Viene inoltre aggiunto il caso di chi “non abbia consegnato il passaporto o non abbia un’adeguata garanzia finanziaria”: definizione indeterminata per giustificare il trattenimento.

Altrettanto preoccupante è il sostegno del governo ai Centri per il rimpatrio, dove costantemente vengono denunciate gravi violazioni dei diritti delle persone, e dove potrebbero essere rinchiusi anche i potenziali rifugiati per l’acquisizione di elementi che integrino la domanda di asilo.

Il decreto Cutro ci proietta verso un sistema fortemente restrittivo delle libertà e dei diritti di chi presenta la domanda di asilo politico, un diritto riconosciuto dell’articolo 10 della Costituzione e dai trattati internazionali.

Ma il governo Meloni suscita inquietudine anche nella riformulazione della Protezione speciale, introdotta dal primo “decreto sicurezza” di Salvini e ampliata con il dl 130/2020 della ex ministra Lamorgese. Questa prevede la protezione speciale nei casi in cui “non può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”.

La Protezione speciale viene disposta in caso di fondati motivi di ritenere che lo straniero rischi di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti, o a violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Inoltre viene esclusa la possibilità di espellere lo straniero, se ciò comporta una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare. La valutazione della domanda, cioè, deve avvenire nel pieno rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali imposti dall’articolo 8 della Cedu.

La riforma Lamorgese ha anche stabilito la durata biennale del permesso per Protezione speciale, con la possibilità di rinnovarlo su parere della Commissione Territoriale, e di convertirlo in lavoro.

L’articolo 7 del decreto Cutro modifica profondamente l’istituto della Protezione speciale, restringendone il campo di applicazione. Vengono abrogate le novità introdotte dalla riforma Lamorgese, e quindi soppresso il rilascio del permesso per motivi legati all’inserimento sociale dello straniero e ai vincoli familiari.

Praticamente gli obblighi costituzionali e internazionali (articolo 8 Cedu) sono tenuti in considerazione soltanto per chi era già regolarmente soggiornante. Si riduce anche la durata del permesso per Protezione speciale: i permessi già rilasciati e in corso di validità potranno essere rinnovati una sola volta e al massimo di un anno. Grosse limitazioni sono previste anche per la conversione in lavoro. Inoltre, forti restrizioni vengono imposte alla regolarizzazione per motivi connessi a “gravi calamità” e a “cure mediche”.

Sia la Protezione speciale che le altre tipologie di permessi che subiscono le restrizioni del nuovo decreto sono strumenti efficaci nella lotta alla irregolarità, ed hanno permesso a moltissime di persone di essere tutelate nei loro percorsi di integrazione.

Il nuovo governo sta intessendo una ragnatela pericolosa in cui migliaia di persone potrebbero rimanere incastrate in una condizione di perenne irregolarità, potenziali vittime di sfruttamento, private dei diritti più essenziali che la nostra democrazia dovrebbe garantire.

 
 
 
 
 
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