Formazione professionale: ecco come (non) funziona l’autonomia differenziata delle Regioni - di Luisa Teruzzi

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Per capire cosa sia, in concreto, l’autonomia differenziata basta guardare la formazione professionale. Le risorse, le regole, i sistemi di formazione professionale sono regionali, nonostante l’istruzione e la formazione rispondano a diritti di tutti i cittadini, eroghino percorsi per studenti ancora in obbligo scolastico, rispondano a bisogni di formazione continua, di riqualificazione, di reinserimento lavorativo che sono di tutti i cittadini, indipendentemente da dove vivano.

Il titolo V della Costituzione assegna alle Regioni la titolarità di questo segmento. Questo potrebbe forse avere una sua ragione: il mondo del lavoro è diverso territorio per territorio. Ma questo significa solo che i contenuti professionali erogati devono essere costruiti sui bisogni del territorio. La specificità dell’offerta formativa è certamente diversa regione per regione, ma specificità diverse non possono avere qualità diverse. E la qualità si fa con le risorse.

Invece, da decenni, le risorse e le regole di accreditamento sono definite in totale anarchia lasciando alle Regioni decisioni che producono percorsi formativi di serie A e di serie B. Gli studenti, i lavoratori della formazione professionale e i futuri lavoratori formati in questi percorsi sono e saranno di serie A e di serie B a seconda della regione in cui vivono. C’è un problema di divario territoriale: un “costo alunno” valutato differentemente nelle varie Regioni, offrendo opportunità diverse, accentua le differenze.

Invece di sanare queste differenze si vuole l’autonomia differenziata. Se non riusciremo a fermare questa deriva, a breve questo destino toccherà a tutto il sistema scolastico. La riforma dei professionali in atto va verso un’ulteriore scelta precoce, differenziazione dei percorsi, irreversibilità delle scelte, che non potrà che aumentare il divario tra cittadini di una regione e cittadini di un’altra.

Il contratto nazionale della formazione professionale è scaduto dal 2013. Rinnovarlo è un’impresa titanica perché la quantità e la qualità del finanziamento sono diverse in ogni Regione: si va dai 4.500 ai 6mila euro a studente. Lo stesso studente nei percorsi statali ne costa tra gli 8 e i 9mila.

La formazione professionale, per storia e peculiarità, interviene sui soggetti più deboli, siano studenti in obbligo, adolescenti, o forza lavoro espulsa dal mercato. E i soggetti deboli hanno bisogno di più risorse. È paradossale che l’autonomia delle Regioni sulla formazione professionale produca l’effetto opposto.

Ma non solo il sistema di finanziamento è diverso. Anche la tipologia di rapporto di lavoro dei formatori è lasciata alla discrezionalità delle Regioni, dal rapporto di lavoro subordinato in una Regione, alla collaborazione in un’altra, alla partiva Iva in un’altra ancora. I Ccnl applicati sono “la qualunque”, firmati da qualsiasi sigla sindacale, a seconda delle Regioni. Con un pesante abbattimento della qualità dell’offerta formativa. Il dumping messo in atto da chi fa della formazione un mercato è altissimo, formando lavoratori subordinati ai bisogni dell’impresa, nella migliore delle ipotesi, e, nella peggiore, non formando neanche in questa direzione, ma solo spellando risorse alle famiglie e a tutti noi.

Finanziamenti certi e trasparenti sono la prerogativa necessaria per avere una continuità nella professionalità dei soggetti erogatori e del personale. L’“eccellenza” lombarda, che dovrebbe crescere con l’autonomia differenziata, se fatta a parità di risorse rende evidente il vero obiettivo: privatizzare all’estremo l’istruzione e la formazione.

Da anni ormai, nella formazione professionale in Lombardia, gli studenti sono clienti che vengono a spendere la loro dote e scelgono dove spenderla sul mercato degli enti accreditati. Da anni i formatori sanno che se si perde, o anche solo si riorienta, uno studente, il Cfp perde la dote. E tutti sanno che è con le doti che viene pagato lo stipendio dei formatori.

Questa è l’autonomia differenziata applicata. Questo è il mondo reale della formazione professionale.

La propaganda ci racconta che il mercato e l’autonomia differenziata producono qualità. Se anche fossimo tentati da questa narrazione - e non lo siamo - i fatti di questi ultimi decenni, dove è già praticata, ci dimostrano che non funziona.

Tutti i cittadini, tutti gli studenti hanno gli stessi diritti, indipendentemente da dove vivono, e le Regioni devono fare in modo che questo accada. Non serve l’autonomia differenziata. Assicurarlo da parte delle Regioni non può accadere con la deregulation e non potrà mai accadere in un sistema frammentato di autonomia differenziata. Prevedere un finanziamento che non copra le spese necessarie al sistema, al rinnovo di un Ccnl fermo da dieci anni, è la dimostrazione dell’ipocrisia di chi dichiara di volere un’“eccellenza” ma non ne crea le condizioni.

Chi decide quale siano le risorse economiche adeguate? le singole Regioni? Questa in effetti è l’autonomia differenziata, che non funziona neanche nelle regioni più ricche, come dimostra la situazione della formazione professionale in Lombardia.

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