“Laudate deum”: sul cambiamento climatico Francesco sferza la politica - di Monica Di Sisto

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“Sono passati ormai otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’, quando ho voluto condividere con tutti voi, sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente, le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune. Ma, con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura”. Papa Francesco, anzi “Francesco”, come si firma in calce all’esortazione apostolica “Laudate deum”, ha levato un grido potente, di allarme rispetto al destino della comunità internazionale.

Un’esortazione apostolica, dal punto di vista delle forme di comunicazione nella Chiesa cattolica, non è orientata alla corretta interpretazione della dottrina come un’enciclica. Eppure la “Laudate deum”, rispetto alla precedente “Laudato si”, sembra usare questo spazio di maggior libertà per sprigionare il massimo di potenza di indirizzo, rispetto alla postura e alle scelte politiche che la comunità umana deve assumere in questa fase critica.

Dopo aver elencato gli effetti materiali dei cambiamenti climatici sul pianeta assumendo una prospettiva di dettaglio scientifica, anch’essa inedita nei documenti della pastorale cattolica, Francesco respinge al mittente i tentativi di minimizzarne gli impatti e di confonderne i responsabili: “La realtà è che una bassa percentuale più ricca della popolazione mondiale inquina di più rispetto al 50% di quella più povera, e che le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri. Come dimenticare che l’Africa, che ospita più della metà delle persone più povere del mondo, è responsabile solo di una minima parte delle emissioni storiche?”.

Francesco punta il dito contro le “cause umane dei cambiamenti climatici”, e contesta anche il fatto che spesso si dica “che gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico riducendo l’uso di combustibili fossili e sviluppando forme di energia più pulita porteranno a una riduzione dei posti di lavoro. Ciò che sta accadendo è che milioni di persone perdono il lavoro a causa delle varie conseguenze del cambiamento climatico”, constata. E aggiunge: “D’altra parte, la transizione verso forme di energia rinnovabile, ben gestita, così come tutti gli sforzi per adattarsi ai danni del cambiamento climatico, sono in grado di generare innumerevoli posti di lavoro in diversi settori”.

Il pontefice scende in campo non soltanto come autorità religiosa, ma come parte negoziale osservatrice per lo Stato del Vaticano nel processo dell’Onu sui cambiamenti climatici (Unfccc). In questa veste ripercorre i risultati e gli impegni, presi e traditi, delle Conferenze delle Parti per il clima (Cop) dal 1992 alla Cop28 (a Dubai, 30 novembre-12 dicembre prossimi). “Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, ‘verde’, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici. Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli”, è l’esortazione del pontefice. E, senza incertezze, precisa che “se c’è un sincero interesse a far sì che la Cop28 diventi storica, che ci onori e ci nobiliti come esseri umani, allora possiamo solo aspettarci delle forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili”. Questo al fine di avviare un nuovo processo che, segnala Francesco “sia drastico, intenso e possa contare sull’impegno di tutti”. Cosa che, denuncia il pontefice, “non è accaduta nel cammino percorso finora”.

Dopo aver chiarito che non saranno le innovazioni tecnologiche, né i comportamenti individuali da soli a salvare il pianeta, in assenza del cambiamento necessario dei processi politici su produzione e consumi, lo sguardo si allarga a abbracciare “le azioni di gruppi detti ‘radicalizzati’” che “attirano spesso l’attenzione in occasione delle Conferenze sul clima”. “In realtà – apprezza Francesco - essi occupano un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli”.

Esprimendo le motivazioni spirituali del documento, Francesco invita infine ogni essere umano a tornare al suo posto nell’universo, che non è quello autoritario e arbitrario del tiranno che rompe il mondo e il legame con le altre creature, pretendendo di condurlo non con la cura ma con la sopraffazione e la tecnocrazia: “La visione giudaico-cristiana del mondo sostiene il valore peculiare e centrale dell’essere umano in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri, ma oggi siamo costretti a riconoscere che è possibile sostenere solo un ‘antropocentrismo situato’. Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature”.

 

“Lodate Dio è il nome di questa lettera – conclude il pontefice - Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso”.

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