Fiorenzo Giani: “padre” sindacale, comunista, vero compagno - di Tania Benvenuti

Ho conosciuto Fiorenzo Giani nella primavera del 1994. Lavoravo a contratto a termine in un calzaturificio e lui venne a farci un’assemblea sindacale, ci chiese di iscriverci alla Cgil ed io gli risposi che ero precaria e che al momento non potevo; lui comprese subito la mia condizione. Qualche settimana dopo lo incontrai a una riunione di Rifondazione Comunista, e da lì iniziò la nostra frequentazione politica e sindacale che si intensificò dall’anno successivo quando, dopo tanti contratti a termine, venni stabilizzata alla Piaggio di Pontedera.

Fiorenzo era del 1955 e veniva da una famiglia di origine contadina; nonostante fosse bravissimo a scuola, dopo il diploma di terza media dovette abbandonare gli studi per andare a lavorare, ed essere di supporto economico alla famiglia. Venne assunto come operaio al calzaturificio Italsiux di Fucecchio e lì, nonostante fosse un ragazzino, si appassionò subito all’attivismo sindacale nella Cgil, insieme alla militanza nel Pci.

Negli anni entrò a far parte del consiglio di fabbrica e successivamente venne distaccato come funzionario ed entrò nella segreteria della zona Valdarno Inferiore, diventando protagonista, insieme ai lavoratori del distretto, di scioperi che rivendicavano salario e migliori condizioni di lavoro. Furono anni duri ed entusiasmanti: le lotte erano partecipate e di conseguenza le conquiste venivano a mano a mano ottenute.

Successivamente entrò nella segreteria della Filtea, dove si spese molto per le lavoranti a domicilio, donne che a casa cucivano le tomaie delle scarpe e che da allora ebbero diritto al riconoscimento di alcuni ammortizzatori sociali. Ideò insieme ad altri compagni una sorta di Camera del Lavoro mobile, attrezzando un pulmino che si spostava nel territorio e raggiungeva le abitazioni delle lavoratrici, per sindacalizzarle e per dare loro supporto vertenziale.

Negli anni ’90, con lo scioglimento del Pci, aderì al Partito della Rifondazione Comunista. E in Cgil, con il superamento delle correnti di partito, contribuì alla costituzione dell’area programmatica “Essere Sindacato”. Fu fortemente critico nei confronti dell’accordo del luglio ‘93 sulla moderazione salariale e, con la trasformazione di “Essere Sindacato” in “Alternativa Sindacale”, si spese insieme ad Alfredo Strambi all’affermazione della mozione nel congresso del 1997 che lo portò ad entrare nella segreteria della Cgil di Pisa. Contrastò la controriforma Dini sulle pensioni, e mi costrinse a studiarla a memoria affinché la spiegassi bene ai lavoratori.

Nella segreteria confederale gli venne affidata la delega al Pubblico impiego e in particolare al socio-sanitario, temi che non aveva mai trattato. Ma Fiorenzo, caparbio come non mai, si mise a studiare e acquisì padronanza della materia e della sua complessità.

Si oppose alla costituzione dell’area “dei Comunisti” in Cgil, sulla cui costituzione spingeva Rifondazione. Questo perché riteneva che nell’esperienza della sinistra sindacale, una volta sciolto il Pci, era necessario allargare e includere le diverse esperienze politiche, all’interno di un’area programmatica ampia.

Nel 2000, dopo un anno di insistenze, ottenne il mio consenso al mio distacco in legge 300 per entrare a far parte della segreteria della Filcea a seguire il settore chimico/conciario. E nel 2003 costituì, insieme alla sottoscritta e ad altri compagni e compagne, il Comitato provinciale a sostegno del Sì al referendum estensivo dell’articolo 18 alle aziende con meno di 15 dipendenti. Fu per lui un impegno straordinario che, nonostante il mancato raggiungimento del quorum, dovuto alle più bieche pressioni padronali e politiche, nella provincia di Pisa portò a votare il 35% degli aventi diritto, con più del 90% che si espresse per il Sì.

Divenne poi direttore del Caaf provinciale. Anche qui assunse un incarico nuovo tornando a studiare con tenacia e determinazione; conosceva tutto anche in tema di tariffe e tasse, era una persona curiosa e appassionata, e quando interveniva era sempre accuratamente preparato. Con la pensione ha fatto parte della segreteria della Lega di Santa Croce sull’Arno, e del direttivo provinciale dello Spi.

Fiorenzo, proprio per la sua lunga e varia esperienza, aveva sempre qualcosa da dire nel Direttivo provinciale, e spesso faceva interventi appassionati e critici. Per questo negli anni non è stato amato da tutti. Lui questo lo sapeva bene ma si è sempre divertito a creare scompiglio, pagandone in prima persona le conseguenze che proprio per la sua storia non meritava.

Negli ultimi anni si era ripresentato in maniera aggressiva il tumore che aveva già sconfitto più di 20 anni prima. Con la sua morte ho perso un caro amico e un “padre” sindacale dal quale ho imparato molto, soprattutto lo spirito di abnegazione nei confronti dell’organizzazione e la necessità dello studio continuo. È stato un pezzo di storia importante del movimento dei lavoratori, della sinistra sindacale provinciale e regionale. È stato un compagno vero. Un comunista, avrebbe detto lui.

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