Nel 45° anniversario dell’approvazione dello Statuto dei Lavoratori, si confermano il valore di una conquista e le ragioni di una lotta per la libertà e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori.
Lo Statuto dei Lavoratori è la legge 300 del 20 maggio 1970, contenente “norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.
Con lo Statuto la nostra Costituzione repubblicana ha varcato i cancelli dei luoghi di lavoro. La legge, frutto della mobilitazione e delle lotte operaie degli anni precedenti e dell’ “autunno caldo” del 1969, segnò il passaggio da un regime assolutista ad uno statutario e democratico. Una legge fondamentale, che affermava il rispetto della dignità e della libertà umana nei luoghi di lavoro, e con la quale i principi della Carta Costituzionale, in materia di lavoro, trovarono concreta attuazione.
In questi mesi sullo Statuto si sono sprecate menzogne e falsità per far apparire i diritti e le conquiste di civiltà dei privilegi. Il governo e il padronato hanno portato un attacco di classe a uno dei pilastri di questa importante conquista, abolendo di fatto l’articolo 18 quale strumento contro i licenziamenti senza “giusta causa”, illegittimi e discriminatori.
Dopo quasi mezzo secolo, il valore dello Statuto dei Lavoratori rimane attuale. Ma siamo consapevoli dei suoi limiti rispetto ai cambiamenti intervenuti nel mercato del lavoro e nella legislazione dal 1970 ad oggi; per questo la CGIL è impegnata, oltre che a contrastare per via contrattuale l’applicazione del jobs act, alla definizione del nuovo Statuto delle Lavoratrici e dei Lavoratori.
L’obiettivo è quello di riunificare il mondo del lavoro attraverso il rafforzamento e l’estensione dei diritti, garantendo quelli di valore generale e universale a tutti - malattia, infortunio, maternità, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, ammortizzatori sociali, la possibilità di organizzarsi collettivamente senza essere discriminati o licenziati per attività o idee politiche e sindacali - a prescindere dalla forma contrattuale e dalla dimensione dell’impresa. Questo anche per contrastare l’ideologia mistificante di governo e padronato che, indicando i diritti e le conquiste del movimento operaio come i problemi veri dell’Italia, vorrebbero cancellarli.