Artigianato e bilateralità: un sistema di emanazione contrattuale tra i più strutturati che porta i segni del tempo. Va ripensato e riorganizzato.

Gli enti bilaterali rappresentano di fatto una modalità di relazioni industriali che non nega il conflitto strutturale capitale-lavoro, ma mette a confronto le parti sociali all’interno di regole paritarie e modalità organizzative da loro stabilite. E’ nel settore dell’artigianato che, con l’accordo interconfederale del 1988, si è sviluppato uno dei sistemi bilaterali di emanazione contrattuale di origine interconfederale fra i più importanti e strutturati.
Le ragioni del suo sviluppo, anche se non in tutte le aree del paese, sono da ricercare nella specificità produttiva multisettoriale dell’artigianato, nelle dimensioni d’impresa, nelle esigenze che non trovano risposte nelle tradizionali relazioni industriali e nell’attuale welfare italiano.

Con oltre un milione di lavoratori dipendenti sul piano nazionale - dispersi sul territorio, privati di canali collettivi e associativi di natura sindacale, e di rapporti di forza per rivendicare e conquistare diritti e migliori condizioni di lavoro e di vita - questo settore ha trovato nella bilateralità un modello di relazioni sindacali, con una struttura contrattuale fondata su accordi interconfederali nazionali, che incrocia la rappresentanza, il ruolo e la titolarità della confederazione e delle categorie. Un settore privo di alcuni strumenti per la tutela di chi vi lavora e delle imprese stesse, a partire dalla cassa integrazione guadagni. Un settore che pagherà per anni la crisi, continuando a ridursi, a perdere occupazione, e a trasformarsi.

Ma la bilateralità porta i segni del tempo: deve essere rinnovata e ripensata dentro una realtà che negli ultimi anni si è profondamente modificata per le trasformazioni produttive, per la crisi e per i provvedimenti legislativi intervenuti. In gioco ci sono la prospettiva e il ruolo di una bilateralità che, come le rappresentanze sociali, non è apprezzata dall’attuale governo. Occorre interrogarci su come aumentare la rappresentanza, il tesseramento - oggi ancora molto modesto - per rappresentare meglio i lavoratori di un mondo sindacalmente difficile da organizzare.

Nel settore la confederazione e le categorie sono portatrici di titolarità contrattuale, e sindacalmente i campi di intervento sono sempre più intrecciati e dialoganti, proprio per la natura confederale contrattuale della bilateralità e della contrattazione nazionale di categoria. Una titolarità che non deve essere autoreferenziale e va esercitata, o rischia di essere disconosciuta dalle controparti e dai lavoratori, in un sistema contrattuale fondato su quattro pilastri, che sta risultando non sempre esigibile o praticabile. Anche il modello contrattuale deve essere rivisitato e forse ripensato, e l’occasione è la nostra conferenza d’organizzazione.

Oggi siamo tutti impegnati a riunificare e rappresentare meglio il mondo del lavoro, a estendere a tutti i diritti universali, a prescindere dalla forma contrattuale e dalla dimensione di impresa, a partire dai lavoratori dell’artigianato, per i quali spesso i diritti, primo tra tutti quello a organizzarsi e ad informarsi, sono rimasti fuori dai cancelli. In questo sta il valore della proposta della CGIL sul nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori. Il nostro impegno nell’artigianato è quello di dare concretezza all’azione sindacale, e di mantenere e incrementare il rapporto tra politiche pubbliche e iniziative che sorgono dalla negoziazione sociale tra le parti, per nuove conquiste che assicurino uguaglianza delle opportunità insieme ai diritti universali. A rappresentare più e meglio il mondo del lavoro, all’interno di una confederazione impegnata a ripensarsi nella convinzione che il lavoro, i diritti e la solidarietà sono gli ingredienti fondamentali per riunificare e rendere migliore questo paese.

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