Definirla una manovra espansiva è un’offesa al senso comune. Nel capitolo risorse restano tagli ad enti locali e sanità, mentre negli “impieghi” le minori entrate cancellano le maggiori spese.

Con un ennesimo voto di fiducia il Senato ha licenziato in prima lettura la legge di stabilità che ora approda alla Camera. Il maxiemendamento – che sostituisce i 52 articoli in uno solo di 556 commi – su cui si è votata la fiducia riproduce quasi integralmente il testo uscito dalla commissione bilancio del Senato, il quale, a sua volta, non è molto dissimile dal testo del governo, differendo da quest’ultimo di soli 600 milioni di euro. Bruscolini in una manovra di oltre 28 miliardi e mezzo.

Un fedelissimo renziano dice che ormai è prassi: il governo mette la fiducia sul testo della commissione, l’aula plenaria deve solo approvare. Una foglia di fico sullo spostamento sostanziale del potere decisionale dal parlamento al governo. Alla Camera ci sarà quindi da attendersi la stessa trafila. Le eventuali modifiche – se ci saranno - avverranno in commissione bilancio. Sarà lì che si affronteranno i nodi lasciati aperti in particolare per quanto riguarda il tema della flessibilità della età pensionabile, e la questione degli investimenti nel Mezzogiorno. Questioni non da poco e proprio per questo, se non cresce un movimento nel paese, c’è poco da sperare.

Le modifiche fin qui intervenute non modificano il quadro generale. E’ vero che il limite del contante trasferibile è sceso da tremila a mille euro. Ma troppo scandalosa era la vecchia norma per restare tale. Rimangono invece i tagli agli enti locali e alla sanità, la voce maggiore nel capitolo “risorse”; mentre in quella degli “impieghi” le minori entrate annichiliscono le maggiori spese. Definire questa come una manovra espansiva è davvero un’offesa al senso comune. Governo e maggioranza hanno dato luogo alla solita risibile offensiva mediatica giocata tutta sui decimali. La valutazione della stessa Confindustria però non si è di molto spostata dal definire l’impatto della legge nell’ordine di appena lo 0,3%.

Eppure lo stesso Mario Draghi ci ricorda che questo anno ha registrato la crescita globale più debole dal 2009, e che ci vorranno 31 trimestri, ovvero quasi otto anni, all’economia dell’Eurozona per recuperare i livelli ante-crisi. Ma nel caso italiano la valutazione risulta persino ottimistica. Il nostro paese è più indietro, e ci vorrebbe un cambiamento radicale. Sull’occupazione il jobs act presenta un bilancio fallimentare. La precarietà è sostanzialmente tornata ai livelli del governo Monti (14,2%). Mentre i pochi posti creati, oltre a essere insicuri nella durata, hanno avuto un costo altissimo grazie alla decontribuzione. Intanto i Neet ( i giovani fino a 30 anni fuori dal lavoro, dallo studio e dalla formazione), che erano nel nostro paese 1,8 milioni nel 2008, sono diventati sette anni dopo 2,4 milioni. Una generazione senza futuro.

Per raggiungere il tasso medio di occupazione dei paesi Ocse, il nostro paese dovrebbe produrre ben 7 milioni di posti di lavoro, ovvero reintegrare il milione che è stato perso durante la crisi (2007-2014) e crearne altri 6 milioni che già mancavano prima dell’inizio della grande crisi. Quindi bisognerebbe avanzare di ben 10 punti nel tasso di occupazione, e con le politiche attualmente messe in campo non si vede davvero come.
Ma il maquillage dei decimali non convince Bruxelles. Così la legge di stabilità italiana è solo rimandata, non ha ottenuto il bollino blu della Commissione europea. Questo, se da un lato mostra quanto debole fosse il braccio di ferro con gli organi europei promesso da Renzi, svela tutta l’ipocrisia su cui si fonda la governance europea. La Francia, che non ha mai rispettato il rapporto fra debito e Pil, ha chiesto nuovamente di poter sforare, causa spese per la guerra al terrorismo. Gli alti dirigenti della Ue hanno chiarito che queste spese vanno considerate extra rispetto al calcolo del deficit. Non solo: ai migranti facciamo la guerra, ma poi pretendiamo che da essi ci arrivi la flessibilità sui conti.

In effetti il clima di guerra ha messo in euforia il mondo finanziario. Sul mercato azionistico volano le imprese legate al settore della difesa aereospaziale, come la nostra Finmeccanica. In realtà molto dipende dall’attesa del nuovo Quantitative easing della Bce. Ma c’è chi, con cinismo oltretutto privo di senso delle proporzioni, fa paragoni con gli effetti positivi che la Seconda guerra mondiale ebbe sull’economia Usa. Aspettarsi dagli jihadisti il miglioramento della flessibilità dei bilanci è davvero il colmo!

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