In tutto il 2015, fa sapere l’Istat, il numero degli occupati in Italia è cresciuto complessivamente di 109mila unità. Il saldo positivo è lo stesso registrato nel 2014. Questo fa dire a Serena Sorrentino: “Si tratta di una paradossale coincidenza. Ma viene da chiedersi, se la tendenza è uguale a quella dell’anno precedente, se davvero si può parlare di effetto miracoloso del jobs act, e di riuscita delle politiche di elargizione alle imprese dell’esonero contributivo”.

La segretaria confederale della Cgil, con la forza dei deboli numeri dell’occupazione italiana, mette il dito nella piaga di una strategia governativa inconcludente. E fatta a spese dei contribuenti: a marzo la collettività avrà già speso 13.300 euro di esoneri contributivi per ciascuno dei nuovi assunti con il jobs act, e così si andrà avanti anche in questo 2016 e nel 2017. Con il governo Renzi che allo scopo elargirà alle imprese 3,7 miliardi quest’anno, e 3,9 miliardi l’anno prossimo.

Dal marzo 2015 al marzo 2018 i nuovi assunti con il jobs act saranno costati agli italiani che pagano le tasse, in sgravi alle imprese, circa 25mila euro per ciascun “nuovo lavoratore”. Nuovo? Anche qui basta fare la scomposizione per tipologia di contratto per vedere che, nel 2015, sono stati registrati 135mila occupati in più a tempo indeterminato, e 113mila a termine, contro un calo di 138mila occupati (teoricamente) indipendenti. Conclusioni: né il jobs act, né i sussidi alle imprese, producono nuova occupazione. In compenso costano alla collettività, e non danno diritti ai lavoratori. Complimenti.

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