Indovinate chi rischia di pagare per la figuraccia mondiale delle statue coperte? Rouhani non doveva vedere, i lavoratori non devono parlare. Ma vengono puniti anche se non rilasciano dichiarazioni.

Il 25 gennaio, giorno della firma di importanti trattati internazionali fra Italia e Iran, sarà senz’altro ricordato come un evento di clamore internazionale. In tutto il mondo, dopo oltre dieci giorni dallo storico incontro, ancora si parla dell’accoglienza riservata al capo di stato Rouhani a Roma. Nella prestigiosa Esedra del Marco Aurelio, presso i Musei Capitolini, si è lavorato alacremente perché tutto fosse pronto per la sottoscrizione degli accordi commerciali e politici tra i due paesi. Ma le immagini che hanno fatto il giro del mondo non hanno ritratto i protagonisti dell’evento che apponevano le loro firme sui documenti, piuttosto hanno fotografato sale prestigiose e scenari pregevoli arredati di tristi ed ingombranti scatole.

Le immagini dei giornali riproducevano voluminosi involucri lignei - nemmeno di pregevole fattura- e al loro interno i celati capolavori della millenaria arte classica romana. Conosciamo tutti le dichiarazioni indignate di membri del governo e degli intellettuali, tutti esperti d’arte e maestri di cerimoniale internazionale. Ma nessuno ha ancora detto chi abbia pensato e disposto tale scempio, chi l’abbia avallato, e chi l’abbia autorizzato. Insomma nessuno è riuscito a individuare gli autori di una così brutta figura. Proprio nessuno… ad eccezione di Zetema.

La società strumentale di Roma Capitale, con mille dipendenti prevalentemente impiegati in musei e servizi turistici della città, ha mostrato in assoluta controtendenza una incredibile rapidità nella risoluzione di una questione che ha tenuto tutti con il fiato sospeso, soprattutto per l’imbarazzo che ha suscitato. Quattro lavoratori sono stati ripresi inconsapevolmente da una telecamera nascosta introdotta nel Museo da giornalisti che non si sono dichiarati tali, e il video è stato trasmesso in prima serata a Piazza Pulita. Le considerazioni dei quattro ignari assistenti di sala, che hanno detto ciò che tutti pensano e dicono in assoluta libertà - compreso il presidente del consiglio Renzi - sono state considerate dall’azienda come gravi violazioni del codice etico aziendale.

Zetema ha ritenuto di aver riconosciuto alcuni suoi dipendenti, ed ha avviato a loro carico un provvedimento disciplinare in cui è stato contestato il rilascio di interviste non autorizzate, deliberatamente, consapevolmente ed evidentemente lesive per la società. Nonostante che i lavoratori convocati non si siano riconosciuti nel video, e abbiano negato ogni proprio coinvolgimento, Zetema non ha ancora comunicato la decadenza del procedimento; tutt’altro.

Ai quattro lavoratori se ne aggiunge una quinta (in attesa di essere convocata dal solerte e risoluto amministratore delegato), che sarebbe stata riconosciuta dalla società nella descrizione apparsa in un articolo sul quotidiano La Repubblica. La “fulva sorvegliante”, così è stata definita dalla cronista, avrebbe anche lei volontariamente incontrato uno o più giornalisti, in una sala del Museo, durante l’orario di lavoro, dando sfogo alla sua personale indignazione rispetto alla scelta di celare le statue alla vista del presidente iraniano.

Tutti i dipendenti coinvolti sono ancora “sotto processo”. I provvedimenti disciplinari non sono ancora conclusi perché l’azienda sta completando l’istruttoria. La Cgil, inascoltata, aveva tentato di dissuadere l’amministrazione dall’intraprendere un’azione punitiva, ed ora sta seguendo i lavoratori in tutte le fasi del procedimento. Ai lavoratori accusati è arrivato il pieno sostegno dei colleghi dell’azienda. Fortemente apprezzata fra di loro è stata la scelta della Cgil di denunciare pubblicamente questi gravi episodi. In un’azienda pur fortemente sindacalizzata, la Cgil è stata l’unica organizzazione sindacale ad aver difeso i lavoratori. l

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