In questo mese di giugno i metalmeccanici hanno battuto non uno ma tre colpi, con nuovi scioperi e una massiccia mobilitazione da un capo all’altro della penisola, chiedendo a gran voce il contratto che Federmeccanica, dopo sei mesi di non-trattative, si ostina a negare. Per capire la portata dello scontro, ecco la chiave di lettura fatta da Marco Bentivogli della Fim Cisl, solitamente cauta quando si tratta di scioperare: “Non si può dire che il contratto nazionale è importante, e poi presentare una proposta che dà risposta solo al 5% della categoria, e fa diventare residuale il contratto. Nella proposta di Federmeccanica si arriva alla alternatività dei due livelli di contrattazione: non si spinge sulla contrattazione aziendale, anzi la si colpisce con una operazione di assorbimento con il livello nazionale. Ma portare il sistema contrattuale a un solo livello, ed esaltare la politica dei salari individuali, fa parte di relazioni industriali del primo novecento”. “Lo schema – aggiunge Maurizio Landini della Fiom - è quello di modificare il modello contrattuale, in modo che il salario non cambi più per tutti con il contratto nazionale. Non è accettabile. Per giunta Federmeccanica usa la contrattazione aziendale per scardinare il contratto nazionale, quando invece bisogna utilizzare entrambi gli strumenti”. Tira le somme Rocco Palombella della Uilm: “Ora è necessario intensificare la mobilitazione con ulteriori iniziative nei luoghi di lavoro e sul territorio, per far cambiare idea alle controparti, e sostenere finalmente una vera trattativa per un buon contratto nazionale”. Metallo pesante.

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