Hanno provato a liquidare come un incidente stradale la morte di Abd Elsalam Ahmed Eldane. Ma gli incidenti stradali accadono in autostrada, sulle tangenziali, in città o sulle strade di campagna. Non all’ingresso di aziende che movimentano migliaia di camion. Dove - da anni - ci sono presidi di lavoratori che protestano. Perché la vergogna dell’occupazione nella logistica, una giungla in cui i diritti dei lavoratori sono calpestati, non è certo iniziata in questo 2016. Solo che ora c’è scappato il morto, un 53enne facchino egiziano padre di cinque figli, ucciso da un autoarticolato davanti alla Gls di Montale, alle porte di Piacenza. Lì dove va in scena ogni giorno, davanti a tanti cancelli di Le Mose e Montale, la rappresentazione del lavoro senza diritti né tutele.

Eppure le aziende della logistica, e le presunte cooperative a cui le aziende affidano i subappalti, vanno avanti come se nulla fosse, nonostante le proteste e i picchetti. Vincendo gare offrendo servizi basati solo sul contenimento dei costi. Un contenimento realizzato con lo sfruttamento, con orari e salari indegni, e con la sistematica messa in discussione della continuità occupazionale e contrattuale nei cambi di appalto. Così fan tutte. Perché la riduzione dei costi e le gare di appalto al ribasso non sarebbero possibili senza lo sfruttamento dei facchini. Carne da macello, spremuta e poi liquidata con la disdetta degli appalti, per poi assumere nuova forza lavoro “fresca”, disponibile ad accettare condizioni ancora peggiori. Cartoline dalla ricca Emilia Romagna, dove non esistono i contratti, né le clausole sociali.

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