L’occupazione cresce a Pil fermo, e la sua composizione si deteriora. Il Piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile elaborato dalla Cgil può essere la risposta. 

Come fa una persona normale a farsi un’opinione se a distanza di 24 ore riceve informazioni contraddittorie? E’ quanto accaduto all’inizio di settembre con i dati rilasciati rispettivamente da ministero del lavoro e Istat sull’andamento del mercato del lavoro, e in particolare dell’occupazione. Il primo sottolineava gli elementi problematici (diminuzione complessiva delle assunzioni, crescita dei licenziamenti, arretramento secco delle assunzioni a tempo indeterminato); la seconda indicava invece un generale allargamento della base occupazionale, sia pure in raffreddamento e con un affievolirsi della crescita dei rapporti a tempo indeterminato.

Naturalmente ognuno ha enfatizzato i dati più congeniali alle proprie convinzioni, aumentando il generale discredito per la politica che coinvolge purtroppo anche la terzietà delle istituzioni preposte alla predisposizione delle informazioni, su cui la politica e l’opinione politica compiono le proprie scelte.

Come molti hanno indicato, una ragione delle diverse conclusioni sta nei dati in sé (il ministero del lavoro registra i movimenti amministrativi puntuali, l’Istat svolge proiezioni intervistando la popolazione e declinandone la condizione, secondo definizioni stabilite a livello di Unione europea), e tuttavia lo sconcerto rimane. Non ho certo la pretesa di risolvere le contraddizioni, segnalo solo qualche elemento che potrebbe dare ragione a entrambe le fonti.

Prima di tutto va ricordato un terzo elemento, questo purtroppo indiscusso: l’andamento del Pil nel secondo trimestre 2016: siamo a zero, il che proietta sull’intero anno un misero 0,7-0,8 di crescita. Confindustria non solo ha confermato il dato, ma ha addirittura previsto per l’anno prossimo un calo della crescita allo 0,5. Quindi siamo in stagnazione.

Come si spiega ora l’andamento crescente dell’occupazione a fronte di una domanda sostanzialmente piatta? Qui occorre analizzare la composizione dell’occupazione, cioè come è fatta. Di qui forse si cominciano a scorgere possibili chiavi interpretative: entrambe le fonti segnalano il rallentamento delle assunzioni a tempo indeterminato (il ministero addirittura ne dà una riduzione in assoluto), e la crescita sia dei rapporti a termine che dell’apprendistato. La cosa si spiega: a fronte di crescita zero o quasi, chi assume a tempo indeterminato?

Ma c’è un altro elemento da osservare: l’andamento calante della decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato. Dal 100% di esenzione contributiva del 2015 si è passati nel 2016 al 40% (in cifra assoluta, da 8.060 euro per tre anni a 3.250 euro per due anni). E così il costo del lavoro dell’apprendista è tornato ad essere inferiore a quello dell’assunto a tutele crescenti. Ecco quindi una possibile chiave di lettura: la stagnazione, e il calo delle agevolazioni, concorrono a frenare-arrestare le assunzioni a tempo indeterminato, e rendono nuovamente appetibili le assunzioni a termine e/o in apprendistato.

Discorso a parte meritano i voucher (tendenzialmente a 140 milioni a fine 2016!), ormai del tutto fuori controllo, e indice di una corrosione del tessuto occupazionale italiano, visto che abbiamo contemporaneamente una stagnazione del tempo indeterminato e una crescita sempre continua dei voucher, ormai da tempo non più limitati ai “lavoretti” per i quali erano stati pensati. Questo rende assolutamente improprio pensare di frenare il ricorso ai voucher, adottando la “segnalazione telematica” prevista dal governo.

Ancora c’è la composizione di genere dell’occupazione: ancora una volta le donne sono le prime a subire i colpi delle variazioni, con i cali più vistosi rispetto agli uomini nei tempi indeterminati, e le crescite maggiori nei tempi determinati. Ultimo elemento: continua a funzionare (!) la legge Fornero, tanto è vero che le crescite occupazionali più significative sono della classe over 50, e i giovani stanno a guardare.

Una conclusione possibile: quali effetti sta avendo sul sistema il combinato disposto di jobs act e decontribuzione? Se l’occupazione cresce a Pil fermo, e la sua composizione si deteriora, c’è purtroppo un solo risultato: la produttività del sistema implode. E credo che siamo esattamente a questo punto. Servirebbe un discorso di verità al paese, e un rovesciamento di approccio. Il Piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile elaborato dalla Cgil può essere la risposta. 

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