Dunque l’incontro “decisivo” previsto per il 21 settembre è stato rinviato. Come da tempo paventavamo, il governo fatica a dare risposte sulle risorse necessarie per un primo risarcimento di pensionati e lavoratori di fronte ai pesantissimi disastri sociali della legge Monti-Fornero. Non ci facciamo illusioni. Ma non se ne faccia neanche il governo. Cgil e Spi non demorderanno, non solo in questa fase del confronto ma anche dopo. Perché la piattaforma unitaria sulle pensioni non si esaurisce certo, anche se nella prossima legge di stabilità ci fossero alcuni, primi risultati positivi, come pure il confronto “tecnico” dei mesi scorsi lascerebbe intendere.
Sì, perché il tema principale – tutto ancora aperto – è come dare una prospettiva previdenziale sostenibile a giovani e non più giovani che sono oggi alle prese con un mercato del lavoro precario e frammentario, ulteriormente disastrato dal jobs act e dal proliferare dei voucher. E che, a legislazione vigente, hanno di fronte un pensionamento che si allontana sempre più, e un assegno pensionistico sempre più vicino dalla soglia di povertà.
Lo stesso Boeri – che non perde occasione per attaccare i pensionati e mettere qualche ostacolo al già difficile confronto – strombazza giustamente che il sistema è finanziariamente sostenibile. Noi sappiamo che lo sarebbe stato anche senza la Monti-Fornero. E che dal fondo pensioni dei lavoratori dipendenti – invece che dalla fiscalità generale – si sono pagate le pensioni dei coltivatori diretti; e si continuano a ripianare i deficit e i debiti dei fondi dei lavoratori telefonici e autoferrotranvieri (vittime delle privatizzazioni che hanno creato decine di migliaia di esuberi prepensionati); ancor peggio, dei dirigenti d’azienda!
Dunque sui contributi del lavoro dipendente si continua a far cassa, mentre il sistema non regge da un punto di vista sociale, per l’oggi e ancor più per il domani. L’attuale confronto, peraltro, non è una gentile concessione di un governo che aveva dichiarato: “Mai più concertazione; vade retro…sindacato”. Certo pesano i risultati negativi delle amministrative e la paura per il referendum costituzionale (dopo averne fatto una sorta di ordalia). Ma ha pesato soprattutto la determinazione, anche se un po’ tardiva, della Cgil e poi del sindacato unitario. Ancor di più la mobilitazione dei pensionati. Questo ha riaperto il tavolo. Senza che il governo, tuttavia, perdesse né il pelo né il vizio: dichiarazioni propagandistiche, confusioni e incertezze, affermazioni e ritrattazioni.
Per questo la vera prova dei fatti saranno le risorse e i testi di legge, dato che nemmeno si sa se Renzi e Poletti intendano siglare un accordo, o un semplice verbale e dare solo la loro parola… . Ma di concreto cosa c’è? Il confronto ha progressivamente spostato il governo dalla infelice invenzione dell’Ape, cui tuttavia non sembra voler rinunciare. La cosiddetta Ape “sociale”, quella cioè che non comporterà alcun onere per le pensioni dei lavoratori perché coperta da risorse pubbliche, dovrebbe consentire il pensionamento anticipato ad alcune decine di migliaia di lavoratori o disoccupati in estrema difficoltà, privi di reddito o con redditi incerti fino alla maturazione della data di pensionamento. Per gli altri, l’adesione è volontaria, certamente poco conveniente, e quindi finirà come l’altrettanto strombazzato (e deserto) anticipo del Tfr.
Su ben altro il sindacato ha portato il confronto. Per i pensionati, l’equiparazione della no tax area a quella del lavoro dipendente; l’allargamento della platea dei percettori della 14esima con una relazione alle pensioni contributive da lavoro dipendente (evitando, cioè, che se ne avvalgano solo pensionati al minimo o a basso reddito per contribuzione limitata come ex commercianti, artigiani, ecc.); il ritorno, dal 2018, alla rivalutazione delle pensioni fino a cinque volte al minimo, secondo i criteri precedenti la Fornero.
Per i lavoratori attivi il confronto ha prodotto passi avanti su ricongiunzione dei contributi versati a casse diverse, che non sarà più onerosa; su un ampliamento della platea relativa ai lavori usuranti; e sul riconoscimento di un “bonus” di mensilità per ogni anno di lavoro anteriore al 18esimo anno di età, per consentire ai lavoratori precoci di raggiungere la pensione di anzianità prima del limite imposto dalla Fornero. Su questo punto, che non è certo secondario, l’ultimo incontro tecnico ha registrato qualche arretramento da parte del governo.
Su tutto, vale – lo ripetiamo – che il governo metta le carte in tavola sulle risorse disponibili. E se malauguratamente non dovessero essere sufficienti, non può che esserci la risposta della mobilitazione. Generale e, speriamo, unitaria.