Un seminario unitario a Milano sullo stress correlato al lavoro. L’attenzione è sulla persona, che non si esaurisce nella dimensione lavorativa ma trasferisce il disagio alla sua vita privata.

Il 12 settembre scorso allo Spazio Mil a Milano c’è stato un convegno unitario sul tema dello stress lavoro-correlato, per ragionare sulle linee di indirizzo sulla “Consultazione del rappresentante dei lavoratori nella valutazione del rischio stress lavoro-correlato”. Linee approvate dalla Regione Lombardia nell’ambito di un percorso condiviso con le organizzazioni sindacali lombarde, da sempre fortemente impegnate su questo tema.

Il rischio stress lavoro-correlato compariva già nella lontana legge 626/94, nella definizione “tutti i rischi”; poi inserito nel decreto 81/08, e successivamente “prorogato fino al 31 dicembre 2010 per l’obbligo di valutazione di un rischio”. Per citare le stesse linee di indirizzo è tra i rischi più complessi e multifattoriali, che ci ha colto impreparati sia tecnicamente che culturalmente.

Quindi la domanda: oggi siamo preparati ad affrontarlo? Le linee di indirizzo non hanno come oggetto la metodologia di valutazione o l’impatto di questo rischio sulla salute dei lavoratori, o ancora sulla organizzazione del lavoro. Stiamo ancora parlando della necessità del coinvolgimento dei lavoratori e dei Rls, quindi ancora stiamo discutendo della necessità di un modello partecipativo. Eppure questo elemento era, e rimane, essenziale nell’impostazione di tutta la legislazione in tema di sicurezza sul lavoro. Dunque qualcosa è mancato. Reciproca diffidenza fra i soggetti? Oppure sottovalutazione del problema?

E’ necessario approfondire, capire esattamente di cosa si sta parlando, evitando banalizzazioni e situazioni paradossali, sapendo che lo stress può anche essere elemento di stimolo, ma proprio la “stimolazione eccessiva” causa la situazione di disagio psico-fisico, difficile da conoscere e riconoscere proprio perché siamo sottoposti continuamente ad eventi stressogeni. Le conseguenze possono essere sia psicologiche che fisiologiche: scarsa concentrazione e ridotto rendimento, disturbi del sonno, depressione, ridotta autostima, fino alle malattie cardiovascolari, con conseguenze sull’intera vita della persona, lavorativa ed extra-lavorativa.

Anche malattie e assenteismo sono spesso conseguenza dello stress lavorativo. Ulteriori fattori che aggravano: continue riorganizzazioni, invecchiamento della popolazione lavorativa, scarsa attenzione alla differenza di genere e alla conciliazione con i tempi di lavoro. Altrettanto gravi sono le conseguenze della precarietà, quindi dell’incertezza sul futuro. Bisognerà ragionare anche delle nuove realtà lavorative quali “smart-working” o lavoro agile, sapendo che sempre più i luoghi del lavoro non si identificano come luoghi fisici. Anche i tempi risultano profondamente modificati con la comparsa di dispositivi che ci mantengono “in contatto” con il lavoro quasi in ogni momento della giornata.

Come incidono queste modifiche sulla vita lavorativa e sul benessere della persona? Abbiamo voluto porre l’attenzione sulla persona, perché il lavoratore, a cui si indirizza il nostro ruolo di rappresentanza, in questo caso non si esaurisce nella dimensione lavorativa, ma trasferisce il disagio alla sua vita privata: quindi l’attenzione è proprio alla persona nel suo complesso.

Organizzazione del lavoro intensa come ritmi, assegnazione di compiti, efficienza, produttività: sono aspetti di esclusiva competenza dell’azienda? Hanno impatto sui lavoratori? Conosciamo da tempo lo stretto legame e l’impatto sulla produttività, ancora più significativa in tempi di crisi. Si tratta di agire un ruolo negoziale che, partendo dai temi della sicurezza, comprenda più in generale l’organizzazione del lavoro. Questo ci impegna non solo come Rls ma come strutture sindacali in generale. Saremo capaci di cogliere questa sfida? Riusciremo a superare il binomio salute e sicurezza usati come sinonimi, e occuparci realmente di salute, quindi di benessere complessivo della persona? l

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