Partecipazione e interventi di qualità su sanità e pensioni all’iniziativa di Lavoro Società dello Spi Cgil di Treviso, il 29 settembre scorso. E’ in preparazione un’iniziativa regionale sugli stessi temi.

Gli interventi all’assemblea provinciale di Lavoro Società dello Spi di Treviso hanno dato il segno del peggioramento delle condizioni di milioni di pensionati italiani, e hanno denunciato il rischio di una deriva privatistica e di un innalzamento dei costi della sanità, al punto che in Italia milioni di persone hanno cessato di fare prevenzione e di curarsi.

Negli ospedali crescono le strutture rivolte a coloro che possono spendere, mentre al taglio dei posti letto non è seguita una dislocazione sanitaria e socio-assistenziale nel territorio. Le code restano, come restano le contraddizioni del personale che opera a cavallo tra pubblico e privato, al punto che ormai stride sempre di più la contraddizione di un sistema dove operano nelle strutture pubbliche coloro che lavorano anche nel privato, soprattutto quando utilizzano l’ospedale per procacciarsi clienti.

Nei giorni precedenti la nostra iniziativa, volgeva a termine la prima fase del confronto con il governo sulle pensioni, con alle spalle una discussione che ha visto già dal 2014, con fasi alterne, Cgil, Cisl e Uil chiedere al governo di mettere mano alla normativa sulle pensioni a partire dalla questione degli esodati, dell’età e degli anni di lavoro, e sul futuro dei giovani. L’incontro di Treviso ne ha fatto il centro del suo dibattito.

L’iniziativa unitaria della scorsa primavera delle confederazioni e dei sindacati dei pensionati, attorno a una seria piattaforma sulle pensioni, ha costretto il governo ad aprire un confronto difficile ma di merito. L’atteggiamento del governo è stato chiaramente dovuto all’unità sindacale, e anche alla affannosa ricerca di consenso da parte di Renzi sul referendum costituzionale del 4 dicembre.

Nell’ultima piattaforma unitaria le cose sono scritte a chiare lettere: in pensione con 41 anni di lavoro senza penalizzazioni, uscita flessibile a partire dai 62 anni, garanzie contributive per i giovani e per le donne, difesa del potere d’acquisto delle pensioni. Questi i punti principali della piattaforma.

In Italia ormai si va in pensione ad un’età avanzata, con redditi più bassi e con un livello di tassazione più alto che in Europa, e con un sistema di calcolo “contributivo” collegato ad una fumosa “aspettativa di vita”. Questo sta determinando l’impoverimento delle pensioni e l’invecchiamento dei lavoratori nei posti di lavoro.

Comunque le cose positive uscite dal confronto con il governo, come l’allargamento della “No tax area” e della quattordicesima, vanno valorizzate, poiché riguardano la parte più debole dei pensionati. E’ giusto sostenere chi ha dovuto abbandonare il lavoro prima per problemi familiari o di salute; è giusto sostenere chi per vari motivi ha svolto orari ridotti di lavoro o è stato malpagato. Sarebbe una buona cosa però non fare regalie alle categorie che hanno versato poco o hanno evaso i contributi.

Resta sul tavolo il problema di milioni di pensionati provenienti dal lavoro dipendente, che hanno versato i contributi e che hanno perso, di molto, il valore delle loro pensioni. Come dice in sostanza la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, “calma e gesso”: il bello inizia adesso.

Lo strumento dell’Ape non può essere la soluzione per anticipare la pensione; le platee dei precoci, dei lavori gravosi e usuranti vanno definite e rese fruibili. Bisogna rivedere gli indici di calcolo e costruire garanzie contributive, per evitare che i futuri pensionandi abbiano rendimenti pensionistici che corrisponderebbero alla metà del loro salario. Per questo non basta lo strumento della previdenza complementare, che tra l’altro oggi non è alla portata dei giovani ed ha avuto un aumento di tassazione. Crediamo che la Cgil e lo Spi siano totalmente consapevoli delle priorità che abbiamo per la cosiddetta seconda fase del confronto con il governo. Le assemblee dei prossimi giorni saranno certamente l’occasione per dimostrare l’utilità dell’azione sindacale e della rappresentanza, per concretizzare i punti che ancora stanno a cuore alla nostra gente, misurare il consenso e l’efficacia del nostro ruolo.

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