L’altra faccia della medaglia è la fatica di alzarsi all’alba e andare nei boschi, salire sui monti, passare la giornata lavorando pancia a terra, sapendo che i colleghi sono pochi e le cose da fare tante. Però quando alzi gli occhi ti rendi conto di essere in un territorio particolarmente suggestivo, un piccolo angolo di paradiso incastonato fra i parchi delle Madonie, dei Nebrodi e dell’Etna. Perché in Sicilia, nell’isola bella, c’è davvero tutto: il mare con le sue spiagge, la campagna con le sue colline, le aspre montagne. Ogni medaglia ha due facce.
Nicola Gervasi vive e lavora qui da più di trent’anni. Correva il 1984 quando è diventato dipendente dell’azienda forestale di Palermo. “Vivo tra i parchi - racconta con un pizzico di orgoglio professionale - nella mia amata Sicilia abbiamo tutto: c’è chi non crede che qui si possa anche sciare, invece le piste ci sono, e sono bellissime. Quanto al mare inutile farne pubblicità, abbiamo alcune delle più belle spiagge d’Italia”. Si autodefinisce un semplice bracciante (“dalla parte dei lavoratori”), in realtà è un punto di riferimento per i compagni di lavoro più giovani. Tanto ben di dio regalato dalla natura, ma poche braccia per tutelarlo. “Siamo circa 22mila addetti, ma solo 1.300 sono fissi, a tempo indeterminato - spiega Gervasi – 3-4mila lavorano 151 giornate l’anno, la grande maggioranza ancora meno, 101 o 78. Quando si parla di noi in televisione non si dice che lavoriamo per lo più part time, e che quindi a coprire il territorio ogni giorno siamo solo in 6mila”.
Un lavoro più delicato di quanto si immagini quello dei forestali. In un territorio assai difficile sotto il profilo idrogeologico, solo la cura quotidiana dei terreni, dei terrazzamenti e dei boschi può prevenire ed evitare i disastri. “Quando accadono le tragedie, spesso facciamo finta che qualcuno lassù ci voglia male, o che il disastro sia stato causato dalla forza ineluttabile della natura. Invece il territorio va curato”. Gervasi punta il dito contro chi, anche nelle istituzioni, si riempie la bocca di belle parole sul contrasto all’inquinamento globale, e poi non fa neppure il minimo sindacale per evitare gli sconvolgimenti. “Potremmo usare le biomasse, produrre pellet. Invece succede che, in certi periodi dell’anno, percorri l’autostrada e trovi ai lati roghi e roghi di legna, arbusti, sterpaglie. Visti da lontano sembrano i segnali di fumo che si inviavano i pellerossa nel far west. Ti rendi conto che abbiamo firmato il protocollo di Kyoto, e poi paghiamo le multe per non rispettarlo?”.
Con l’esperienza maturata in questi trentadue anni di lavoro, a Gervasi, combattivo sindacalista della Flai Cgil, non mancano le idee: “Potremmo aver più risorse vendendo la legna quotidianamente raccolta. Oppure pubblicizzando meglio le bellezze naturali e artistiche di questa terra. La Sicilia è una miniera d’oro. Nel parco delle Madonie cresce l’abies nebrodensis, il rarissimo abete dei Nebrodi, una pianta in via di estinzione che si trova solo qui. Dal nord Europa arrivano frotte di turisti. Ma devo confessare che ogni tanto mi piacerebbe ricevere complimenti anche in italiano, o meglio in siciliano, non solo in tedesco, danese, olandese e svedese”.
Sul lato contrattuale Gervasi scuote la testa: “In teoria la Sicilia e la Sardegna, come regioni a statuto speciale, dovrebbero permettere agli operai forestali di avere una sorta di contratto integrativo, da aggiungere alla paga base. In teoria, perché nei fatti è tutto fermo dall’inizio del secolo, quindici anni fa”. Per giunta le peculiari vicende politiche siciliane hanno portato negli ultimi anni ad un accentuato turn over amministrativo, che non aiuta certo a creare le condizioni per una normale dinamica contrattuale.
La giornata di un operaio forestale inizia presto. “Alle sei del mattino siamo già in piedi, solo per arrivare sul posto di lavoro ci vuole un’oretta. Lavoriamo per contratto trentanove ore la settimana, che può essere ‘lunga’ dal lunedì al sabato, da maggio fino a ottobre, o corta, cioè dal lunedì al venerdì, nei mesi invernali”. L’età media è abbastanza alta, la crisi e i conseguenti blocchi delle assunzioni hanno picchiato duro anche su questo settore, dove sono impegnate diverse donne. “Ricordo bene quando cominciarono ad essere assunte - racconta Gervasi - fu dal mio paese, Isnello, che nel 1985 partì la battaglia civile per farle entrare in forestale”. Va da sé che l’aumento dell’età pensionabile, anche qui come nel resto del paese, ha fatto danni. “Ci tocca salire in montagna anche a sessantasei anni. Grazie Fornero...”.