Finalmente il 4 dicembre si vota, dopo una campagna referendaria divisiva e poco sul merito, che ha spaccato il paese, il fronte democratico e la sinistra politica e sociale.
La Cgil, unita da un voto del suo massimo organismo rappresentativo, ha deciso per il No senza pregiudizi o altri fini se non quello di respingere una riforma pericolosa, calata dall’alto, che modifica in profondità la Carta costituzionale, stravolge il modello di democrazia partecipata, accentra nelle mani dell’esecutivo e scardina contrappesi ed equilibri tra i poteri.

Diciamo No perché non ci piace una democrazia nella quale pochi finiscono per contare più dei molti.

La riforma non è neutra; è un disegno politico contrario all’idea di società e di democrazia consegnataci dai padri costituenti con la Carta costituzionale, che è l’asse portante della nostra Repubblica fondata sul lavoro, e che non ha bisogno di essere rottamata ma applicata nella sua interezza.

La Cgil ha scelto di difenderla da una riforma aggressiva con un No motivato e consapevole, sapendo che l’affermazione del No non risolverà i problemi del paese ma anche che una vittoria del Si lascerebbe i lavoratori e i pensionati più deboli e soli, e metterebbe all’angolo la sinistra politica e sociale.

La campagna referendaria è stata rissosa e di bassa qualità. Il primo responsabile è Renzi, con l’eccessiva personalizzazione, la propaganda demagogica contro tutti i politici, la casta e i costi della politica. La vera casta, a cui dimentica di appartenere, oggi sostiene il Si, con i poteri forti e gli interessi economici e finanziari nazionali ed internazionali.

Renzi ha irresponsabilmente trasformato il referendum in un plebiscito sulla sua persona, lo ha strumentalmente presentato come uno scontro tra vecchio e nuovo, tra futuro e passato, tra chi difende i privilegi e vuole ridurre i costi della politica e chi no.

Facendo leva sul populismo demagogico, mentendo sulle qualità salvifiche della riforma, ha cavalcato i peggiori sentimenti nazionalisti sull’onda di Trump, minacciando esiti apocalittici. Un azzardo dettato dall’idea elitaria e plebiscitaria dell’uomo solo al comando. Una follia portatrice di lacerazioni, insensata e non necessaria a fronte delle emergenze di un paese ancora in piena crisi economica, occupazionale e sociale che resterà senza risposte.

La Cgil sa che dopo il 4 c’è il 5, che i problemi rimangono e che l’unità del mondo del lavoro è un bene assoluto da mantenere. Siamo già impegnati nelle mobilitazioni sui rinnovi dei contratti e presto avremo di fronte la campagna per il Si ai tre referendum a sostegno della Carta dei diritti. Ma il 4 dicembre, con un No, difenderemo con coraggio e coerenza la nostra storia e la nostra Costituzione repubblicana.

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