Se nella legge di stabilità e nel Documento di economia e finanza dello scorso anno già appariva una riduzione drastica del fondo “Buona scuola” con tagli pari ad un miliardo di euro sul 2015 e 3 miliardi per ogni anno dal 2016 al 2019, ora si fatica a riscontrare un cambio di rotta.

Per l’ennesima volta non si trovano, nella legge di stabilità 2017, investimenti strutturali sull’istruzione pubblica; non si risponde alla ventennale richiesta di finanziare una legge nazionale sul diritto allo studio; e, con logiche premiali e interventi spot, si scansa il problema degli ostacoli all’accesso ai saperi. In materia di edilizia scolastica, i fondi previsti risultano nettamente inferiori sia alle promesse, sia al fabbisogno delle istituzioni scolastiche.

Come se non bastasse, si continua a investire sull’istruzione privata con le detrazioni Irpef aumentate al 19% per ogni alunno iscritto alle scuole paritarie (da un tetto massimo di 400 euro alle soglie di 640 euro per il 2017, e di 800 euro dal 2018). Sono complessivamente 24,4 i milioni per le scuole paritarie con un alto tasso di studenti con disabilità.

L’unica presunta risposta del governo alla drammatica situazione in cui versa l’istruzione pubblica italiana è lo spot mediatico di investimento sul capitale umano dello “Student Act”, il programma talenti e il bonus cultura: un investimento annunciato pari a 450 milioni di euro. Il progetto sui “piccoli geni” contenuto nel programma talenti prevede che ogni anno vengano individuati 500 liceali o studenti delle scuole superiori che, dopo una procedura di selezione e valutazione meritocratica, verrebbero accompagnati economicamente dallo Stato nel loro percorso di studi. Tramite i 10 milioni stanziati riceveranno un assegno mensile, l’assegnazione di un tutor durante il corso di studi, e l’opportunità di andare all’estero per “coltivare il loro talento”.

In questo modo il governo preferisce premiare gli studenti che hanno già raggiunto importanti obiettivi formativi, mentre abbandona chi ha maggiori difficoltà e condanna il paese a non innalzare il livello di istruzione di tutta la popolazione, come richiesto dagli obiettivi di Europa 2020.

Dopo il piano di reclutamento previsto l’anno scorso nel mondo universitario, insufficiente rispetto all’organico perso dalle università per il blocco del turn over, l’assenza di un ulteriore intervento rivela la mancanza di una prospettiva di lungo periodo per il sistema universitario.

In questo profondo sottodimensionamento, con il decreto Natta il governo vuole istituire 500 cattedre di nomina governativa. Un’iniziativa estemporanea, che non risolve il problema strutturale di carenza di organico ma che crea ulteriori gerarchie dentro gli atenei. Inoltre, con la nomina governativa della commissione per la scelta dei 500 professori “eccellenti”, mette a rischio la libertà di ricerca e di insegnamento. Per il finanziamento del provvedimento si erano stanziati 75 milioni, che potrebbero invece essere riassegnati al reclutamento di ricercatori e professori.

Mentre il finanziamento del Fondo integrativo statale è ancora del tutto insufficiente, il governo trova le risorse per 400 superborse, di 15mila euro annui, distribuite al di sotto di una soglia di reddito sulla base di criteri di rendimento degli studenti nelle scuole superiori. Un intervento ristretto a un numero di studenti così ridotto da essere del tutto irrilevante nel contrasto all’abbandono e allo scarso tasso di iscrizione all’università. Una vera e propria operazione ideologica, un distillato di renzismo, anche offensivo verso le decine di migliaia di idonei non beneficiari che in questi anni hanno visto negato il proprio diritto allo studio.

La misura forse più interessante, in questo settore, è l’assunzione da parte del governo della proposta di introduzione di una “no tax area” per le fasce più basse della popolazione, seppur molto lontana dalle richieste del mondo universitario, frutto di anni di battaglie politiche e di proposte degli studenti, non ultima la Legge di iniziativa popolare “All-In”, e dell’attività in commissione cultura di alcuni parlamentari di diverse forze politiche.
E’ necessario rivedere profondamente questa legge di bilancio. Non è più possibile vivere nel paese europeo con meno finanziamenti al welfare studentesco e nel terzo paese per tasse universitarie più care. E’ necessario ampliare la “no tax area” per avvicinarsi progressivamente a un sistema di istruzione gratuito, ed eliminare la figura dell’idoneo non beneficiario alle borse di studio raddoppiando i finanziamenti in tal senso. Nella manovra non deve esserci spazio per superborse per 400 “geni”, “cattedre Natta” per 500 superprofessori governativi e finanziamenti per pochi dipartimenti eccellenti.

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