Innanzitutto ringrazio tutti gli intervenuti e la Funzione Pubblica di Firenze, per la sua ospitalità.
Il Paese è attraversato da una crisi senza precedenti, dalle quale non riesce ad uscire anche a causa delle ricette liberiste che vengono applicate dai vari governi che si sono succeduti (Berlusconi, Monti, Letta e adesso Renzi).
Nessuna di quelle “ricette” dettate dall’austerità ha prodotto aumenti del Pil, posti di lavoro, rilancio dell’economia. Il lavoro è la risorsa principale di ogni Paese, ed oggi in Italia (e non solo) il lavoro viene costantemente mortificato e svilito, non solo attraverso un abbassamento dei salari realizzato sia per via diretta (blocco dei Ccnl) che indiretta (voucher, lavoro nero, ecc.) ma anche attraverso il progressivo abbassamento dei diritti e delle tutele (lavori a tempo definito, voucher, abolizione articolo 18).
La disoccupazione giovanile al 40% fa, da sola, giustizia di tutte le panzane che ci vengono raccontate da anni e di quanto ampiamente sostenuto da Renzi e dal suo governo.
Adesso ci raccontano anche che per migliorare le condizioni economiche del Paese serve modificare la Costituzione, concentrando sempre più i processi decisionali nelle mani di pochi, sottraendoli sempre più al confronto democratico. La riforma elettorale, in combinato disposto con quella costituzionale, trasformerà il Parlamento nella camera di consenso alle decisioni del governo, che saranno sempre più sottratte al confronto. Si sta assistendo ad un processo pericoloso per la democrazia italiana.
In Italia abbiamo già attraversato un lungo periodo di “stabilità governativa”, durato circa venti anni e che si concluse con il disastro della seconda guerra mondiale ed il totale impoverimento delle classi lavoratrici e del Paese.
Viceversa, il boom economico iniziato degli anni ’60 avvenne con governi che praticamente mai hanno superato l’anno e mezzo di vita, anche quando il governo era il cosiddetto “monocolore Dc”. Grandi lotte sindacali e sociali hanno attraversato quel periodo e le condizioni materiali, economiche e di conquiste sociali sono migliorate per le classi lavoratrici e, di conseguenza, anche per tutto il Paese.
Il “No” della Cgil alla riforma della Costituzione non è una posizione preconcetta, ma la coscienza che non si risolvono i problemi del Paese con una riforma che non tocca le questioni fondamentali della crisi economica ma pretende di risolvere la crisi morale, politica ed economica italiana accentrando le decisioni e riducendo la praticabilità della democrazia.
Abbiamo spiegato bene le nostre ragioni nel corso della bella e partecipata iniziativa del 4 ottobre a Milano, altro non dobbiamo aggiungere.
La democrazia per i lavoratori e le lavoratrici non è un concetto che si legge sui libri, ma un fatto che si realizza, prima di tutto, nel luogo di lavoro.
Se sei malpagato, soggetto ad orari assurdi come succede, per esempio, nel mondo della sanità, se non hai nessuna certezza del tuo posto di lavoro e sei, per di più, costretto a restare al lavoro fino alla vecchiaia avanzata, di quale democrazia stiamo parlando? In un momento così difficile per il lavoro e per i giovani, sono fermamente convinto che il governo e anche parte del movimento sindacale dovrebbe applicare idee e ricette nuove.
Non serve il concetto di “lavorare pochi, lavorare tanto” ma piuttosto va riutilizzato un principio cardine di anni lontani. “lavorare meno, lavorare tutti”. Non serve aumentare l’orario di lavoro, dovremmo piuttosto ridurlo a favore di chi il lavoro lo cerca. L’aumento dello sfruttamento dei lavoratori non è mai coinciso con il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli sfruttati
Adesso il governo, spinto dalla realtà e dal sindacato, sta mettendo mano alle pensioni e prossimamente si affronteranno temi delicati, come quello dei lavori usuranti: ma è mai possibile che gli addetti della polizia locale, per fare un esempio, oltre ad essere discriminati rispetto ad altre forze di polizia sul piano della salute e sicurezza, non siano neanche considerati fra i lavori usuranti? Se così fosse, ancora una volta da parte del governo si metterebbe al primo posto l’esigenza economica anziché quella del lavoro. Non si vorrebbero conciliare i due aspetti, dove quello prevalente è il diritto del lavoratore e dell’assistito, ma decidere quante briciole l’economia e la finanza sono disposte a lasciare per il benessere dei lavoratori
Per rilanciare l’economia servono grandi investimenti pubblici, servono idee che vadano oltre l’intervento “spot” o la paga elettorale modello 80 euro, che fra l’altro rischia di essere un serio impedimento alla realizzazione dei contratti, serve creare lavoro; per rilanciare la democrazia e la trasparenza, serve restituire ai lavoratori e alle lavoratrici diritti, ad iniziare da quello al Contratto Collettivo Nazionale, ad una paga adeguata, ad un orario di lavoro giusto e sicuro, ad un posto di lavoro certo e non precario; e meno male che oggi anche nei lavoratori dipendenti privati esiste un sistema di certificazione della rappresentanza che favorisce lo sviluppo della democrazia
Proprio nel Pubblico Impiego abbiamo sperimentato per primi un modello diretto di democrazia – rappresentanza con le Rsu; un modello che si è affermato e che ci consente di avere un rapporto diretto iscritti-lavoratori e rappresentanti. Uno strumento, le Rsu, che porta e può portare linfa nuova nelle strutture della Fp e della Cgil, a patto di utilizzarlo al meglio. In qualche luogo la Rsu mostra una certa stanchezza, a volte si fatica a trovare i candidati. A mio parere, le prime cause sono da ricercarsi nel blocco delle assunzioni e della contrattazione che di fatto rende improduttivo il ruolo del delegato alla contrattazione nel posto di lavoro.
Adesso una nuova stagione si apre e quella funzione si riempirà presto di significati e di concretezza: perché ciò accada, bisogna anzitutto eliminare le storture della cosiddetta “legge Brunetta”, che limita e vincola insopportabilmente il diritto alla contrattazione.
Per questo bisogna che anche noi troviamo un modo più cogente di rendere efficace l’azione degli eletti nelle nostre liste. Per esempio, penso che occorra trovare nuove forme di contatto fra struttura nazionale Fp e strutture territoriali ed eletti Rsu per renderne più efficace il ruolo nella formazione delle piattaforme contrattuali. Se la Cgil nel suo insieme ha sentito la necessità di rinsaldare il rapporto fra base e vertice, individuando lo strumento nell’assemblea generale, perché noi non possiamo individuare uno strumento “diretto” che permetta, senza sostituirsi alla struttura della Fp, nella fase di stesura delle piattaforme di usare anche l’esperienza e la capacità dei nostri eletti e rinsaldare così il rapporto fra base e vertice? Ampliare la nostra capacità di ascolto ci aiuterebbe, fra l’altro, ad evitare qualche contraddizione che talvolta si manifesta, specie in qualche settore “privatistico” di nostra competenza; non sempre riportare opinioni diverse presenti fra i lavoratori significa voler mettere in difficoltà l’organizzazione. E comunque, questo non è lo spirito delle compagne e dei compagni di Lavoro Società.
Spesso, almeno per come la pensiamo noi, significa voler portare un contributo ed un aiuto a non sbagliare. Il fine ultimo deve sempre essere quello di tutelare e difendere gli interessi dei lavoratori. Se i lavoratori non vogliono una cosa, fossero anche solo quelli di un unico posto di lavoro, è giusto e necessario che la Fp lo sappia per riflettere, per verificare le ragioni degli “altri” e per decidere al meglio.
Se la forma della rappresentanza (Rsu) è il modo con cui si esprime la democrazia, per la Cgil la contrattazione deve essere il mezzo con cui questa democrazia si manifesta.
La stagione del rinnovo dei contratti pubblici si sta per aprire. Sempre troppo in ritardo, non solo rispetto alle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche rispetto al dettato della Corte Costituzionale. Solo in periodi bui, di grande repressione dei diritti dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali si sono viste norme che bloccavano i rinnovi dei contratti e dei diritti sindacali. Adesso speriamo che questo periodo sia alle nostre spalle.
Le bozze delle piattaforme sono pronte e stanno andando al vaglio dei lavoratori, con un processo democratico corretto, che ci darà grande forza se sapremo ascoltare le opinioni dei lavoratori e modificare, se necessario, le nostre intuizioni. Le grandi questioni che ci attraversano, la revisione della normativa contrattuale per affermare e rafforzare sia i diritti dei lavoratori pubblici che i servizi che il pubblico impiego rende alla cittadinanza, devono far parte del patto fra lavoratori e cittadini. Noi vogliamo migliori condizioni di vita e di lavoro per restituire servizi migliori.
Ognuno di noi è fornitore di servizi e fruitore di quegli stessi servizi. Se un infermiere porta il bimbo all’asilo nido, usufruisce di un servizio pubblico; quando quella maestra d’asilo si recherà in ambulatorio per un controllo sanitario, vedrà quel servizio restituito sotto altra forma. Perciò la coscienza di fornire sempre meglio i servizi deve far parte del nostro lavoro. Il lavoro pubblico è lavoro sociale. Lavoro e società, consentitemi questa piaggeria, è un fatto essenziale alla Cgil ed ai lavoratori. Le piattaforme, per lo meno quel che ho potuto conoscere, sembrano in generale adeguate alle necessità del momento, anche se forse non sempre sono riuscito a percepire una proposta unificante ed un rinnovato patto fra lavoratori e cittadini.
Stiamo attraversando un periodo particolare, il rinnovo dei contratti pubblici serve sia a noi, lavoratori e sindacato, e potrebbe servire anche al governo. Per motivi diversi, ma l’obiettivo è lo stesso. Diversi, rispetto a noi, sono i contenuti ed il segno che il governo potrebbe voler dare a questi contratti. Si tratta di affrontare lo scontro per il rinnovo del contratto con la coscienza che la conclusione deve portare ai nostri rappresentati, a chi ci da il voto alle elezioni Rsu (che, fra l’altro, si tengono con il metodo proporzionale e funzionano bene) benefici economici e normativi.
Il valore economico si stima facendo un conteggio rispetto ai valore della singola ora lavorata. Incrementare il salario e lo stipendio significa, in fondo, incrementare il valore della paga oraria. Perciò voglio fare una provocazione: se il governo non mette risorse sufficienti ad un rinnovo dignitoso ed adeguato, possiamo sempre aumentare il valore della paga oraria riducendo le ore lavorate a parità di salario.
Adesso mi sono dilungato anche troppo. Queste sono indicazioni generali ed è bene che le compagne ed i compagni che interverranno dicano la loro e forniscano stimoli ed opinioni per essere utili all’organizzazione ed alla segretaria generale, che voglio ringraziare per la presenza alla nostra iniziativa.
Per noi, questa è un’attività che amiamo e che facciamo con grande impegno e passione, direi che abbiamo scelto con il cuore prima che con il cervello. Però per tutti deve arrivare il tempo di fare altro, anche se il cuore ci riporta sempre lì. E allora vorrei pregare, in modo scherzoso, Serena di liberarmi presto da queste incombenze e farmi dedicare, oltre che al badantato della mamma e della suocera, all’attività che preferisco: la pesca subacquea.

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