L’Anpi ha coerentemente deciso per il “No” alla riforma costituzionale, e per un referendum di profonda modifica dell’italicum.
In ottobre gli italiani, con un referendum, saranno chiamati a pronunciarsi sulle modifiche di 47 articoli della Costituzione, che ne che stravolgono principi, diritti e valori. E’ bene ricordare che la Costituzione, nata dalla Liberazione e dalla Resistenza e approvata con 453 voti a favore e 62 contrari dopo un intenso lavoro dei Costituenti, nell’articolo 138 detta le regole per eventuali cambiamenti: “Le leggi di modifica, di riforma della Costituzione, non possono essere sottoposte a referendum se approvate a maggioranza dai due terzi dei componenti del Parlamento, mentre.....se approvate a maggioranza semplice vengono sottoposte a referendum se lo richiedono un quinto dei parlamentari, cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”.
La scelta è dunque di andare al referendum e di far vincere i “No”. Perché, contrariamente ai padri costituenti, l’attuale maggioranza non ha lavorato per norme condivise dalla pluralità dei gruppi parlamentari, ma ha deciso di far passare le modifiche in assenza della maggioranza qualificata dei due terzi.
Sono norme che stravolgono il ruolo del Senato, non più eletto dal popolo, senza un chiaro superamento del bicameralismo perfetto nella formazione delle leggi. Prevedendo solo il voto della Camera per la fiducia al governo, ne riducono e indeboliscono il ruolo, e stravolgono le modalità di elezione del Presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale, del Consiglio superiore della magistratura, indebolendo la logica dei pesi e contrappesi istituzionali. Si centralizza verso lo Stato e sull’esecutivo (governo, presidente del consiglio) a scapito delle Regioni, mentre si rende più difficoltosa la partecipazione: le firme per le proposte di legge di iniziativa popolare vengono elevate a 200mila, quelle per il referendum a 800mila.
E’ una riforma costituzionale all’insegna della demagogia e dell’antipolitica, con un disegno generale non certo di modernizzazione delle istituzioni, ma di centralizzazione dei poteri a scapito della democrazia partecipata, e di riduzione della mediazione sociale.
La legge elettorale, il cosidetto italicum, è peggiore del “porcellum”, annullato dalla Consulta perché incostituzionale. Si deve operare perché i cittadini sottoscrivano le richieste di referendum sia per il “No” alla riforma della Costituzione, che per il “Sì” alla modifica dell’italicum. Solo con il voto, con la partecipazione attiva, si può evitare che si stravolga la Costituzione, si centralizzino i poteri e si riducano le forme di partecipazione democratica.
E’ necessario sconfiggere questo tentativo e definire, invece, una riforma costituzionale condivisa che preveda il superamento del bicameralismo perfetto, la riforma di Camera e Senato, la riduzione a 500 del numero complessivo dei parlamentari, nella distinzione dei ruoli fra Camera e Senato, fermi restando quelli istituzionali e l’elezione diretta da parte dei cittadini (con le elezioni per il Senato in contemporanea a quelle regionali), con leggi elettorali distinte che superino “italicum” e “porcellum”.
Stare al merito: è quanto ha scelto coerentemente l’Anpi con un’ampia discussione in tutti i suoi congressi, territoriali, provinciali, e in quello nazionale, assumendo la posizione di contrasto all’attuale riforma, in compagnia degli oltre cinquanta costituzionalisti firmatari dell’appello per il “No”, ben undici dei quali ex presidenti della Corte Costituzionale.
Da sempre abbiamo lottato con determinazione per difendere e far vivere i diritti e i valori della Resistenza e della lotta di Liberazione implementati nella Costituzione: nel 1953, contro la legge truffa, come nel 2006 e nel 2011. Con la stessa determinazione dobbiamo operare nei luoghi di lavoro, nei quartieri, nelle scuole, affinché i lavoratori, i cittadini, i giovani si mobilitino perché la vittoria del “No” scongiuri lo stravolgimento della Costituzione, e il “Sì” al referendum sul quale stiamo raccogliendo le firme cancellino parte dell’italicum.
Occorre rifuggire lo scontro di carattere politico che il presidente del consiglio vuole imporre, in contrasto con le stesse norme costituzionali. Non si vota sulla sua persona, né sulle sorti del governo, ma sul merito di una riforma costituzionale che disegna il modello di democrazia e di partecipazione del paese futuro. Di questo disegno futuro fa parte anche la sfida strategica lanciata dalla Cgil, con la raccolta di firme sulla proposta di legge della “Carta universale dei diritti del lavoro”, e i tre referendum su voucher, appalti e licenziamenti. Un’iniziativa significativa che ho sostenuto con la mia firma e che invito tutti a sostenere.