L’apertura dell’assemblea generale Filt Cgil del 14 e 15 marzo scorsi è stata dedicata alla campagna referendaria promossa dalla Cgil e all’iter parlamentare della proposta di legge di iniziativa popolare sulla “Carta dei diritti universali del lavoro”. È stato denunciato l’abuso dei voucher (133 milioni e 826mila buoni venduti nel 2016) promosso da interventi legislativi che ne hanno favorito la deriva odierna, con le conseguenti distorsioni e nessuna utilità nella lotta al lavoro nero. Strumento di precarietà e di livelli salariali che non consentono la dignità sociale e personale del lavoro.

Sulla materia degli appalti, su cui la Filt si confronta quotidianamente, è stato ricordato quanto gravi siano le norme attualmente in vigore e quanto siano vessati i lavoratori, favorendo i disonesti grazie alle norme che limitano la responsabilità solidale degli appaltatori.

Venendo agli argomenti più legati alla categoria, è doverosa una premessa, quasi scontata, sul momento che viviamo: è una fase complessa, per ciò che rappresentiamo e per come siamo percepiti e considerati; non riusciamo ad essere “valutati” per quello che veramente facciamo e per le lotte/vertenze che portiamo avanti. Mentre continuiamo ad essere un importante riferimento nei posti di lavoro, il nostro messaggio generale fatica ad emergere. Intanto i grandi poteri economici avanzano, si strutturano senza vincoli e regole, con profitto e crescita come unici obiettivi. La finanziarizzazione dei processi logistici e delle infrastrutture sono centrali nel settore, hanno superato in valore (interesse) la merce e i consumatori. La crescita, globalmente, delle merci trasportate è del 1,5%, mentre la crescita della disponibilità del trasporto - aerei, navi, container - supera il 3,5%.

Nel mercato che si alimenta attraverso il mondo di internet, dove il riferimento è il globo, la merce è la “motivazione”, i cittadini e gli stati sono strumenti, ma gli affari veri sono costituiti dalla catena logistica. La politica dei governi occidentali, alcuni dei quali oggi critici sulla globalizzazione, non influisce sulle dinamiche economiche dettate dalle multinazionali e dai “potentati economici”, non rinunciando a quelle ricette che hanno impoverito i cittadini e aumentato le diseguaglianze.

In questo scenario internazionale ci sono le dinamiche interne in cui la Filt, dal 2015 ad oggi, ha rinnovato undici contratti nazionali, coinvolgendo centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici. Nella discussione nell’assemblea generale è emerso che non è stato facile arrivare a questi risultati, nel complesso giudicati positivi. A volte si è dovuta tenere una posizione difensiva, ma un elemento di valore comune è stato l’ottenimento di risultati importanti su diritti individuali e regole. In materia di appalti, per quanto riguarda tutele occupazionali e contrattuali nei cambi appalto, si segnalano progressi di inclusione, sebbene permangano difficoltà di rappresentanza per le forme di lavoro precario presenti nel settore.

In tutti i Ccnl è stato recepito il Testo Unico sulla rappresentanza: questo ha fatto sì che fosse meno complicato sottoporre unitariamente a consultazione di lavoratori e lavoratrici le ipotesi di accordo contrattuali. Gli aumenti salariali sono stati ottenuti in assenza di un modello contrattuale confederale; risultano da una contrattazione di settore e da parametri di produttività e lavoro. La durata di tutti i contratti rinnovati è triennale, ad esclusione delle agenzie autoscuole che hanno concordato per 4 anni. La contrattazione di secondo livello ha caratteristiche tali da scongiurare dumping e eccesso di deroghe.

Un grave problema emerso è la crisi di rappresentanza delle imprese, con conflitti ed enormi divergenze al loro interno. Non è pensabile che per crescere nell’associare le aziende la logica sia fare Ccnl al ribasso: l’azione della Filt ha contrastato questa pretesa.

Un esempio concreto delle difficoltà che nascono dalla tenuta associativa di parte datoriale sono le criticità nel rinnovo del contratto della Logistica e del Trasporto merci, dove la mediazione tra le 26 associazioni datoriali risulta di difficile soluzione. La crisi di rappresentanza delle imprese è una delle principali cause del fallimento del tentativo di razionalizzazione gli assetti contrattuali. Il risultato è che anziché diminuire, negli ultimi dieci anni, il numero dei Ccnl è aumentato con un orientamento sempre più rilevante verso il dumping contrattuale. E’ necessario avviare un percorso che realizzi una mappatura dei Ccnl, per evitare sovrapposizioni dei campi di applicazione che favoriscano la competizione tra aziende sul costo del lavoro.

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