La mobilitazione dei lavoratori e l’isolamento spingono la giunta Raggi ad un accordo con le confederazioni. Verso un “Patto per Roma”. 

Il protocollo d’intesa siglato da Cgil, Cisl, Uil di Roma e Lazio e dalla sindaca Raggi ricopre un’importanza che travalica decisamente il suo stesso contenuto, inserendosi nel confronto dialettico con il Movimento 5 Stelle e nella più generale dinamica politica del nostro territorio.

E’ noto a tutti noi che il processo avviatosi da qualche anno, conosciuto con il termine di “disintermediazione”, ha trovato fautori in tutto il consesso politico e in particolare nella compagine pentastellata. Naturalmente parliamo del ruolo della confederazione, a tutti i livelli, per la valenza politica generale che reca con sè, attestandosi come una vera e propria anomalia europea.

Perché, dunque, dopo un anno di consiliatura, la sindaca Raggi si è decisa – e con enfasi inusitata – a ricercare un accordo con i sindacati confederali? Ferma restando la eterogeneità del gruppo dirigente dei cinque stelle, soprattutto a Roma, il primo elemento da registrare è quello del progressivo isolamento della giunta, sia nelle interlocuzioni istituzionali, che con le parti sociali. E’ emersa dunque la necessità di costruire un sistema di alleanze che garantisca alla giunta stessa la prosecuzione del proprio cammino. Il fatto significativo è che il primo accordo lo si sottoscriva con il sindacato.

Il secondo elemento riguarda la mobilitazione che è stata costruita sul territorio, e che traguardava ad una grande manifestazione unitaria cittadina. Il solo annuncio della manifestazione ha messo in fibrillazione la sindaca, non potendo assorbire il colpo di una rappresentazione pubblica del proprio fallimento e immobilismo.

Dunque, i dati rilevanti sono due: 1) I cinque stelle si piegano ad un accordo con il sindacato, in quanto strumento di rappresentanza generale; 2) La mobilitazione, come strumento ordinario dell’azione politico-sindacale, è sempre utile per calibrare i rapporti di forza in campo e misurare la reale rappresentatività del sindacato. In realtà c’ è anche un terzo dato, che riguarda i contenuti politici del protocollo. Considerate le condizioni disastrose della capitale, da tutti i punti di vista, si è condivisa la necessità di lavorare (dovremmo avere una conferma a giorni) per la costruzione di un tavolo interistituzionale fra Roma Capitale, Regione Lazio e governo, aperto al confronto con le parti sociali.

L’obiettivo è quello di lanciare una sorta di “Patto per Roma”, che parta dalla insostenibilità del debito capitolino. Fra i punti fondanti del protocollo c’è infatti quello della ricontrattazione del debito (13 miliardi di euro), per pagare gli interessi del quale Roma applica l’addizionale Irpef più alta d’Italia. Non un tavolo di bei propositi, dunque, ma un luogo di assunzione collettiva di responsabilità, nella consapevolezza che la capitale del paese ha un carico di oneri aggiuntivi che non può essere trascurato, oltre a tutte le altre criticità note ai più.

Il protocollo, dunque, pur essendo calibrato sulla definizione di corrette relazioni sindacali, abbraccia questioni più generali, di forte valenza politica, investendo diversi livelli istituzionali e traguardando le diverse criticità presenti sul territorio, attraverso l’istituzione di otto tavoli tematici: politiche di bilancio, fiscali e tariffarie; mobilità; ciclo dei rifiuti; riorganizzazione delle società partecipate; politiche del welfare, della disabilità e abitative; politiche di sviluppo territoriale, di rigenerazione urbana e periferie; politiche per la cultura e il turismo; lavoro, appalti e azioni per la legalità.

L’obiettivo è quello di porsi alla testa di un fronte comune - politica, associazioni, movimenti, ecc. - in grado di conferire alla nostra città quell’impulso di idee e d’innovazione in grado di determinare un radicale cambio di rotta, ponendo il lavoro al centro delle nostre scelte e l’equità sociale come faro per illuminare il nostro cammino.

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