Nel fine settimana, decine di migliaia di persone hanno invaso le piazze centrali delle principali città spagnole. Senza bandiere e indossando magliette bianche, hanno chiesto a gran voce che il dialogo torni a prevalere. Nel mentre, racconta ‘il manifesto’, “la situazione è arrivata a preoccupare persino i mercati e i grandi poteri finanziari che finora erano stati poco sensibili al dibattito catalano”. Proprio quest’ultimo scenario, esemplificato dagli annunci di fuga dalla Catalogna da parte di alcune grandi aziende, come primo atto di una ritorsione del capitale contro gli “indipendentisti”, fa capire che la strada del dialogo è l’unica percorribile. “La possibilità di una dichiarazione unilaterale di indipendenza – osservano in proposito i Comunisti di Catalogna - offrirebbe al regime un pretesto perfetto per aumentare il livello della sua offensiva repressiva. Gli atti giudiziari prima, e la brutale repressione della polizia, non hanno invalidato la legittimità della mobilitazione, però hanno limitato qualsiasi possibilità che il risultato fosse riconosciuto come valido dalla comunità internazionale”. Che fare dunque? Dalla Sinistra europea, per bocca di Katja Kipping (copresidente di Die Linke) e Nicola Fratoianni di Si, arriva una interessante risposta: “La ‘crisi catalana’ dovrebbe essere un’occasione per aprire finalmente la discussione a livello transnazionale sulla democrazia in Europa, sull’Europa che vogliamo, sulla necessità di un processo costituente che risponda alle sfide e ai rischi che abbiamo di fronte. Ma per fare questo è fondamentale seguire oggi la strada indicata, con chiarezza e coraggio, dalle piattaforme municipali, dalle confluenze e dalla sinistra in Spagna e in Catalogna. Il momento della politica contro l’uso della forza, e del dialogo per la convivenza”.

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