Ci sono luoghi che avrebbero bisogno di una benedizione, anche laica. Città della Scienza di Bagnoli, ad esempio. L’incendio che nel 2013 rischiò di cancellarla dalla mappa dei musei italiani è acqua passata, restano solo alcuni segni. Ma le nuvole non accennano a diradarsi.
Oggi Città della Scienza è di nuovo chiusa. Al buio. Da queste parti la crisi è come le Olimpiadi o i mondiali di calcio, arriva puntuale ogni tre, quattro anni. Problemi economici, gravi, appena otto mesi dopo l’apertura del Planetario e di ‘Corporea’, l’unico museo interattivo dedicato al corpo e alla salute. Come è potuto accadere? Alfonso Fraia non è un ragioniere, è ‘solo’ uno dei più esperti lavoratori del polo museale, la sua è un’analisi culturale, e visto che tutti si riempiono la bocca dicendo che la cultura è il petrolio d’Italia, vale la pena stare a sentire. “Ci manca solo il presidente Mattarella, poi sono venuti tutti: Pietro Grasso, Laura Boldrini, sindaci, presidenti regionali.

Annunciavano che Città della Scienza sarebbe tornata ad essere, dopo l’incendio, un polo scientifico all’avanguardia, una ricchezza del paese. Alla fine dei salmi è rimasto un buco di bilancio di 15 milioni di euro e i dipendenti sono senza stipendio da mesi”. Fraia scuote la testa: “Pensa che l’apertura di ‘Corporea’ e del Planetario è stato un grandissimo successo, in tre mesi oltre duecentomila visitatori hanno affollato il museo”. Ma l’impegno dei lavoratori - quasi duecento considerando anche i collaboratori e gli operatori dell’indotto - nulla ha potuto rispetto a una crisi finanziaria che viene da lontano e su cui oggi sta indagando la Corte dei Conti.

Non è chiaro se gli scontri al vertice della Fondazione Idis - l’ente no-profit che amministra la struttura - siano stati la causa o la conseguenza di questa situazione. Per certo ci sono debiti. Tanti, e tali da mettere in discussione la sopravvivenza dell’intera struttura. “Davvero non capiamo, considera che recentemente sono arrivati 13 milioni dall’assicurazione come risarcimento dell’incendio”.

Ora si parla di commissariamento. I lavoratori hanno reagito, presidiano quella che, nel tempo, è diventata la loro seconda casa. Difendono la loro vita. Alfonso Fraia punta l’indice verso un bersaglio preciso: “Vogliamo l’azzeramento dell’attuale governance di Città della Scienza, chi è parte in causa di questo disastro non può diventare il controllore di quanto accaduto”. Lui, assieme alla maggior parte dei colleghi, ha già pagato il suo contributo: il totale delle mensilità congelate ammonta a nove (cinque quest’anno, altre quattro risalgono al 2011), a cui nel tempo sono state aggiunte la decurtazione del dieci per cento dello stipendio (per un anno e mezzo) e tre anni di cassa integrazione a zero ore (a rotazione per il 70 per cento dei dipendenti). E ancora peggiore è la situazione di altri contrattisti, senza retribuzione ormai da gennaio. Conclusione d’obbligo: non si può andare avanti così, non ci sono più buchi per stringere ulteriormente la cinghia.

Le ultime notizie sembrano confermare le perplessità e le prese di posizione dei lavoratori, Città della Scienza è stata visitata non dagli studenti ma dalle Fiamme gialle. I finanzieri, su ordine della Procura, indagano per capire come sia stato possibile arrivare a un buco del genere. Fraia, cinquantatré anni, di cui quasi trenta passati a Bagnoli, delegato Filcams Cgil, sottolinea come “nel corso del tempo i lavoratori abbiano sostenuto Fondazione Idis contribuendo con sforzi eccezionali al superamento delle crisi, che la Fondazione stessa si è trovata ciclicamente ad affrontare”. “Non potevamo fare di più – sottolinea. C’è da considerare che qui dilagano anche forme di precariato intellettuale, inaccettabili per una realtà che dovrebbe essere un’eccellenza nel paese. Succede di vedere contratti a ventitré giorni per ricercatori che hanno studiato vent’anni specializzandosi nel loro mestiere”.

Ai tanti interrogativi su come stia stato possibile provocare un dissesto del genere in uno dei musei scientifici più importanti d’Europa potrà dare risposta la magistratura. Intanto i lavoratori scioperano, non lasciano Città della Scienza al proprio destino, la difenderanno con i loro corpi. “L’ultima assemblea di soci è andata quasi deserta. Il nostro picchetto era lì, per scongiurare eventuali blitz. Li abbiamo accolti a suon di musica, cantando ‘Bella ciao’ e ‘Vengo anch’io no tu no”. I lavoratori, al solito, stanno facendo la miglior figura in questo dramma kafkiano.

Con un convitato di pietra, lo Stato, che propaganda in lungo e in largo la cultura come molla di sviluppo per il paese, e poi lascia che le luci si spengano su Città della Scienza.

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