Il 30 novembre 2017 è stata sottoscritta l’ipotesi di rinnovo del Ccnl dei dipendenti del Gruppo Poste Italiane. Un rinnovo lungamente atteso, che copre l’arco temporale di 6 anni (due trienni contrattuali, 2013-2015 e 2016-2018), passando per un accordo ponte in una fase fortemente critica sia in tema aziendale che nazionale. Infatti, il Governo Renzi stava privatizzando interamente le quote azionarie di Poste Italiane spa e nel contempo stava introducendo nel mercato del lavoro i decreti attuativi del Jobs Act. Infine, dopo gli ultimi 18 mesi di duro confronto con l’azienda, si è giunti a questa intesa che coprirà il periodo di rinnovo fino al dicembre 2018.

Qual è il giudizio complessivo su questo rinnovo? Il giudizio che mi sento di esprimere è sostanzialmente positivo. Lo definirei sinteticamente così: è un rinnovo di “resistenza attiva”. Non si può prescindere dal valutare il contesto nazionale che ha visto soffrire diverse categorie nel rinnovo dei rispettivi contratti ed i cui contenuti a volte sono risultati essere inferiori alle legittime aspettative dei lavoratori.

Un contratto che ha visto il rinnovo contestuale sia della parte economica che normativa con l’aggiunta di due ulteriori elementi quali il welfare aziendale e le politiche attive del lavoro. Un punto di forza estremamente rilevante, dato l’attuale contesto politico-economico, è l’aver respinto ogni tentativo di introdurre all’interno del contratto elementi del jobs act ed aver mantenuto tutte le tutele preesistenti. Anzi, complessivamente, la parte normativa è migliorata: diritto alla disconnessione, estensione dell’area geografica entro cui si applica il distacco della lavoratrice madre per allattamento, la possibilità di assunzione del coniuge o figlio del lavoratore deceduto in attività ed unico sostentamento economico della famiglia, equiparazione dell’indennità di cassa per i tutti i lavoratori del bancoposta presenti negli uffici postali, cessione solidale delle ferie nei casi di gravi necessità, equiparazione delle aliquote del lavoro supplementare straordinario per i lavoratori part-time. Sono stati recepiti i protocolli sulle unioni civili e sulle molestie sessuali sui luoghi di lavoro. Per quanto riguarda i rapporti con le imprese appaltatrici viene ribadito il concetto della responsabilità d’impresa del committente e dell’appaltatore in merito all’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi.

Vi è stato inoltre il recepimento del Testo Unico sulla Rappresentanza con la conseguente novità della validazione e quindi maggiore responsabilizzazione delle Rsu sugli accordi aziendali. È stato sottoscritto anche un protocollo sulle politiche attive del lavoro che è sostanziato dalle iniziative prese dalla Slc Cgil in tema di assunzioni a tempo determinato, trasformazioni da part time in full time, passaggi professionali, assunzioni dall’esterno.

Un discorso a parte va fatto sull’introduzione del cosiddetto welfare aziendale attraverso l’introduzione di un Fondo sanitario integrativo che diviene parte economica del contratto, già entrato anche in altri contratti di categoria. Un alto gradimento dei lavoratori è dovuto ai disservizi che si incontrano quando si ha bisogno di avere delle prestazioni nella sanità pubblica. Il Fondo sanitario integrativo diventa quasi una necessità se il pubblico non garantisce più neanche le prestazioni essenziali. Questo, come per altri servizi pubblici fondamentali, è un tema che per la Cgil deve diventare una priorità di rivendicazione politica nazionale: la garanzia della universalità ed efficacia di servizi pubblici.

Analogo ragionamento per i Fondi pensione: è evidente che di fronte alla feroce destrutturazione del sistema previdenziale e al fatto che le giovani generazioni non hanno alcuna speranza di poter ricevere a fine percorso lavorativo una pensione dignitosa si sia spinti a creare meccanismi complementari, se non a volte sostitutivi, con i cosiddetti Fondi pensione. Allora il tema che rimane alla parte sindacale, in assenza di politiche economiche più eque, è ottenere Fondi pensione aziendali che siano a bassissimo rischio di capitale con un congruo contributo aziendale.

In un quadro così configurato, una parte di aumento salariale è contabilizzato anche in questi due strumenti. Infine, sono previsti 81,50 euro di aumento a regime sui minimi tabellari oltre ovviamente ad un’una tantum di 1.000 euro.

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