La trincea del lavoro di quelli che conoscono meglio realtà e problemi dell’immigrazione è fatta da chi opera in prima linea. Ed è fatta di precarietà, alta età media, “burn-out” e burocrazia. Sono 65mila le lavoratrici e i lavoratori vittime di uno stigma sociale che fa dell’immigrazione un tema da non toccare, e che ne complica le prestazioni. Inseriti in un sistema di servizi che fatica a coordinarsi, anche per scelte politiche, in una logica dell’emergenza che dura da oltre un decennio.

La Fp Cgil ha voluto dare voce a tutte queste persone partendo da una ricerca svolta dalla Fondazione Di Vittorio: “La condizione delle lavoratrici e dei lavoratori dei servizi pubblici per l’immigrazione”. Un lavoro presentato a Palermo, nell’iniziativa “UeCare – L’Europa Solidale”. (https://www.fpcgil.it/2018/10/03/uecare_materiali/), alla presenza di tutti i sindacati europei dei lavoratori dei servizi pubblici per l’immigrazione.

Dalla ricerca - una analoga è stata svolta in Spagna dal sindacato dei pubblici di Commisiones Obreras - emerge chiaramente che l’Italia, ormai stabilmente un paese di migrazioni, non ha mai abbandonato la logica dell’emergenza, “a scapito dell’efficienza complessiva del sistema, nonché dei diritti dei lavoratori e dei destinatari dei servizi”.

Nella testimonianza dei lavoratori emergono nodi critici: “Quelli del lavoro di rete e del coordinamento fra i vari attori del sistema; le inefficienze funzionali e le storture di tipo amministrativo, che si sommano al disegno disorganico del sistema dei servizi”. Così come sono evidenti “le contraddizioni e le ambivalenze più generali dell’opzione italiana ai servizi pubblici”: dequalificazione del lavoro, esternalizzazioni, perduranti differenze tra aree territoriali.

“Soccorso, accoglienza e integrazione. Sono i tre nodi che costituiscono la rete che il lavoro pubblico garantisce, attraverso l’impegno di tutti gli operatori in campo, nella gestione dei fenomeni migratori – ricorda la segretaria generale della Fp Cgil, Serena Sorrentino - un fenomeno strutturale che deve e può rappresentare non solo un’opportunità ma soprattutto una risorsa per il nostro paese, a partire dal valorizzare il contributo, di pratiche e di idee, di chi lavora in questo complesso segmento che attraversa l’intero mondo dei servizi pubblici. Ma servono risorse e programmazione”.

La ricerca sottolinea “uno scarso coordinamento e una fragile integrazione tra gli attori del sistema, sia sul piano esplicito…sia su quello di fatto”. Le attività di accoglienza e integrazione si occupano di persone spesso provate da viaggi drammatici, in fuga da esperienze di violazione dei diritti umani. Gli utenti rischiano di vedere vanificati gli sforzi degli operatori, a causa di un sistema che può produrre una spirale di esclusione opposta ai suoi obiettivi espliciti. 

A Palermo è stata costituita una Rete europea delle lavoratrici e dei lavoratori dei servizi ai migranti, coordinata dalla Federazione sindacale europea dei Servizi pubblici (Epsu). Una rete “per scambiare esperienze comuni importanti che possano avviare un’interlocuzione con le istituzioni...arrivando a stabilire legislativamente almeno adeguati standard sociali minimi europei tramite il dialogo sociale europeo, portando l’Unione a valorizzare il lavoro pubblico per l’accoglienza, a superare le difficoltà delle lavoratrici e dei lavoratori”.

“La rete europea può essere inoltre un soggetto che rafforza il ruolo del sindacato a livello internazionale nelle politiche dei servizi pubblici per la migrazione”, come affermato di recente dall’Onu. Una rete che cercherà anche di influenzare le elezioni europee del maggio 2019, “chiedendo alle forze politiche progressiste di presentare nella loro agenda il tema di una gestione umana e di qualità dei servizi, anche come straordinario antidoto al riemergere del fascismo, del razzismo e della xenofobia”. 

Le lavoratrici e i lavoratori restano al centro di queste politiche. La Fp Cgil ha perciò prodotto una video inchiesta (https://youtu.be/v1qXir0_FYE) in cui le voci di questi operatori sono in primo piano. Tra queste, Vincenzo Prestianni, medico responsabile delle emergenze al porto di Palermo, racchiude la portata e il senso del loro lavoro: “Al porto abbiamo conosciuto la forza di uno Stato. C’è un mondo meraviglioso di persone e di lavoratori, gli uomini e le donne dell’azienda sanitaria, ma anche le donne, gli uomini dello Stato in tutte le sue sfaccettature. Parliamo della prefettura, della polizia, dei carabinieri, dell’esercito, della finanza, della capitaneria di porto, della guardia costiera, dei vigili del fuoco, della protezione civile, del 118. Un punto a favore del pubblico è che ha delle potenzialità enormi. La nostra Costituzione è stata declamata da tutti, è completa, è meravigliosa e riconosce chiunque”. 

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